Aspetta il Cavaliere, che con la pazienza alle volte si riescono a far germogliare le pietre. Aspetta le mosse di tutti, non solo quelle di un Pier Luigi Bersani che al leader Pdl pare ancora «sotto botta» e «poco presente a se stesso» ma anche quelle di Beppe Grillo. Secondo Silvio Berlusconi, infatti, «alla fine l'accordo tra Pd e M5S» per un governo di minoranza «non si farà». Questo almeno confida in privato il leader del Pdl che ieri ha passato la giornata ad Arcore, alle prese con una serie di riunioni aspettando la conferma della vittoria in Lombardia. Un Cavaliere cauto e in attesa anche di quel che farà il Quirinale, visto che la convinzione - non si sa se corroborata dai colloqui riservati del solito Gianni Letta - è che difficilmente Giorgio Napolitano potrà affidare a Bersani un incarico senza che il segretario del Pd gli garantisca di avere i numeri. E se alla regione Sicilia l'accordo Pd-M5S s'è potuto fare perché il governatore Rosario Crocetta non ha avuto bisogno di un voto di fiducia per insediarsi, tutt'altro discorso va fatto per il Parlamento. Beppe Grillo, infatti, dovrebbe formalmente assicurare l'uscita dall'Aula dei suoi senatori prima del voto di fiducia al governo. Ma non è facileimmaginare che il leader dell'M5S si presti a manovre che sanno molto di vecchia politica. Di qui, l'impressione che il Quirinale potrebbe non benedire l'asse Bersani-Grillo.
Aspettare, dunque. Anche perché nell'entourage del Cavaliere c'è chi dà per scontato un ritorno in grande stile del pressing delle Procure. Eppoi anche il Pd ha bisogno dei suoi tempi. Ci sono stati contatti tra esponenti del Pdl e dirigenti del Partito democratico e al momento la linea di Largo del Nazareno non può che essere quella della conventio ad escludendum rispetto a Berlusconi. Ci vogliono quantomeno provare anche, pare, perché il Quirinale starebbe già lavorando su ipotesi tecniche (gira il nome di Giuliano Amato). Se la trattativa con il M5S dovesse alla fine fallire, insomma, anche per il Pd sarebbe più facile ragionare sull'eventuale ipotesi di un governissimo con il Pdl. D'altra parte, per usare le parole di Angelino Alfano, oggi Bersani è ancora «confuso» e «incapace di dare indicazioni».
Un Berlusconi attendista ma pronto comunque a valutare tutte le soluzioni sul tavolo. In particolare, «due sono le opzioni». Prima: la disponibilità - su un programma di riforme dettagliato - a larghe intese perché «riportare il Paese al voto sarebbe da irresponsabili». Seconda: giocare la partita del monopolio dell'opposizione nel caso davvero Pd e Grillo stringano quell'accordo che ad oggi non pare proprio in discesa. In questo caso, Berlusconi non esclude di giocare la partita dell'opposizione in solitaria, di fatto prolungando la campagna elettorale fino al prossimo anno visto che nel 2014 si vota per il Parlamento europeo.
Nell'attesa, il Cavaliere è deciso a vigilare. Lo ripete ai suoi più d'una volta Berlusconi, anche nelle telefonate della giornata tra Arcore e via dell'Umiltà: «So che, come negli altri partiti, anche da noi c'è qualche furbetto che potrebbe essere tentato dal cambiare casacca ma stavolta vigilerò». Intanto, sottotraccia, sono iniziate le ambasciate verso il Pd in attesa che vacilli la linea Bersani sul governo di minoranza. Sul tavolo, ovviamente, nel caso di governissimo, c'è una presidenza della Camera.
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