La Consulta attacca la Fiat: "Limita la libertà della Fiom"

Pubblicate le motivazioni della Corte costituzionale sull'illegittimità dell’articolo 19 comma 1 dello Statuto: "Segna un vulnus al pluralismo sindacale"

Manifestazione indetta dalla  Fiom
Manifestazione indetta dalla Fiom

I giudici costituzionali si schierano apertamente con la Fiom. Basta leggere la sentenza sul giudizio di illegittimità dell’articolo 19 comma 1 dello Statuto, pronunciata a inizio luglio dalla Consulta, per capire che le toghe vogliono mettere il futuro del colosso torinese nelle mani di sindacalisti del calibro di Maurizio Landini. Secondo la Corte costituzionale, infatti, consentendo la rappresentanza ai soli sindacati firmatari del contratto applicato in azienda, l’articolo 19 dello statuto dei lavoratori contrasta coi "valori del pluralismo e libertà di azione della organizzazione sindacale".

Il braccio armato della Cgil l'ha spuntata. E la Fiat, che ormai è divenuto il nemico numero uno della sinistra, incassa la sberla della Consulta. Il Lingotto si è preso il tempo necessario per leggere le motivazione dei magistrati e capire l'impianto della sentenza. Da qualche anno a questa parte, infatti, magistrati e sinistra sembrano aver stretto un pericoloso patto per abbattare il Lingotto. Così, se non è il presidente della Camera Laura Boldrini ha bastonare l'ad Sergio Marchionne, tocca alle toghe dettare la politica aziendale ai vertici torinesi. "La Costituzione repubblicana è ancora in vigore anche dietro i cancelli della Fiat", ha commentato Antonio Di Pietro plaudendo alla sentenza della Consulta. In realtà, quello che le toghe hanno bollato come un vulnus nasce da un "no" pronunciato chiaramente dal sindacato di Landini quando Marchionne ha indetto un referendum per adottare un nuovo modello contrattuale innovativo. Contratto che è stato approvato dalla stragrande maggioranza degli operai e delle sigle sindacali. La Fiom, invece, ha deciso di non sottoscriverlo. Così, in virtù del nuovo contratto, il Lingotto si è limitato ad applicare la legge sul lavoro. Applicazione che la Corte costituzionale ha incredibilmente bocciato dichiarando illegittimo il comma 1 dell’articolo 19 dello statuto dei lavoratori. "Se si consentisse la rappresentanza sindacale aziendale olo ai sindacati firmatari del contratto - si legge nella sentenza - i sindacati sarebbero privilegiati o discriminati sulla base non del rapporto con i lavoratori, che rimanda al dato oggettivo della loro rappresentatività e, quindi, giustifica la stessa partecipazione alla trattativa, bensì del rapporto con l’azienda". Dal momento che prevede la stipulazione del contratto collettivo quale unica premessa per il conseguimento dei diritti sindacali, il modello disegnato dall’articolo 19 condiziona, a detta della Consulta, "il beneficio esclusivamente a un atteggiamento" che presuppone "l'assenso alla fruizione della partecipazione sindacale". Da qui il vulnus che, sul piano negoziale, intaccherebbe "i valori del pluralismo e della libertà di azione della organizzazione sindacale". "Questo si traduce in una forma impropria di sanzione del dissenso, che innegabilmente incide, condizionandola, sulla libertà del sindacato in ordine alla scelta delle forme di tutela ritenute più appropriate per i suoi rappresentati - conclude la Corte costituzionale - per l’altro verso, sconta il rischio di raggiungere un punto di equilibrio attraverso un illegittimo accordo ad excludendum".

"Ora la Fiat applichi la sentenza - ha commentato Landini - si ripristinino in tutti gli stabilimenti del Gruppo i diritti, le libertà sindacali e le pari agibilità per tutte le organizzazioni sindacali". Insomma, il braccio di ferro è destinato a riprendere.

I vertici del Lingotto hanno, infatti, fatto sapere l'azienda si riserva di valutare se e in che misura il nuovo criterio di rappresentatività, nell’interpretazione che ne daranno i giudici di merito, potrà modificare l’attuale assetto delle proprie relazioni sindacali e, in prospettiva, le sue strategie industriali in Italia.

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