"Giù le mani dal Piemonte". La rabbia della Lega in piazza

A Torino sfilano in tremila dopo la decisione del Tar di annullare le elezioni regionali

"Giù le mani dal Piemonte". La rabbia della Lega in piazza

nostro inviato a Torino

Fiaccole, fischietti e bandiere della Lega Nord, a reggere lo striscione «Giù le mani dal Piemonte» ci sono Roberto Cota, governatore regionale più che mai in bilico, il collega veneto Luca Zaia, la gloria locale Mario Borghezio e il giovane segretario Matteo Salvini che ha appena sentito via telefono Roberto Maroni. Gli slogan colpiscono i giudici e l'ex governatrice Mercedes Bresso: «Magistrati a lavorare, magistrati a lavoraaaree...»; «Zarina va in cascina»; «L'ha scelto la gente: Cota presidente, lo vuole la gente: Cota presidente!». Mentre qualcuno interrompe lo shopping del sabato di saldi per gridare «vergogna, andate a casa», «avete rovinato il Piemonte», il corteo, scortato da carabinieri e poliziotti della Celere, non reagisce e sfila dal palazzo del Consiglio regionale alla sede della prefettura. Chissà cosa sarebbe accaduto a parti invertite.

L'inopinato beffardo doppio colpo messo a segno l'altro ieri dai magistrati piemontesi - una combinazione così perversa che nemmeno il più bizzarro degli astrologi poteva preconizzare - ha spinto in piazza a Torino circa tremila manifestanti, quasi tutti leghisti, per protestare contro la decisione del Tar di annullare le elezioni regionali del 2010 e contro quella, concomitante, di altri giudici, di archiviare la posizione di Sergio Chiamparino, candidato in pectore del centrosinistra alla poltrona di governatore, finito nell'inchiesta sulla movida dei Murazzi per abuso d'ufficio. Ripulito da ogni ombra, con Mercedes Bresso in corsa per un posto al Parlamento europeo e Oscar Farinetti di Eataly deciso a non candidarsi, l'ex sindaco in quota renziana può presentarsi con molte chance di vittoria alla replica elettorale che non si sa se e quando avverrà - dipende dall'esito dal Consiglio di Stato - ma che, in realtà, sarà un'anticipazione del voto già previsto a scadenza nel 2015.

In alto mare appare, invece, la ricerca di un candidato di centrodestra, visto che il primo pronunciamento compete alla Lega, il partito dell'ora «illegittimo» Cota, anche lui dato in rotta verso Strasburgo («Ma io non mollo», alza i toni il governatore, «questa sentenza è una vergogna, un golpe»), e assodato che, chiunque ne raccoglierà l'eredità sembra destinato alla sconfitta, più o meno cocente. Questi argomenti Salvini non vuole neppure sentirli: «Se siamo ancora in un Paese democratico, Cota governerà per un altro anno e mezzo. Se poi siamo in Corea del Nord e vogliono che sulle schede ci sia solo il simbolo della sinistra ce lo dicano». E se il Consiglio di Stato rigetta il ricorso? «Porteremo in dote la buona amministrazione». E Rimborsopoli? E i boxer verdi pagati con i fondi regionali? «Con i trenta milioni all'anno risparmiati dalla giunta piemontese si può riempire mezza Africa di mutande», è la replica di Salvini, soddisfatto della manifestazione.

Con l'eccezione di Guido Crosetto (Fratelli d'Italia), i politici alleati della Lega non sono mancati all'appello. Il coordinatore regionale di Forza Italia, Gilberto Pichetto, l'assessore regionale al Lavoro, l'alfaniana Claudia Porchietto, Agostino Ghiglia, anche lui assessore regionale, fresco di passaggio a Fdi: tra loro dovrà essere scelto il candidato anti-Chiamparino. Siamo di fronte a un «attacco alla democrazia, ma quando ci fanno incazzare, noi cominciamo a correre», ha avvertito Salvini annunciando per il 25 gennaio a Milano il raduno dei governatori, assessori e consiglieri leghisti. E nella chiamata alle armi il segretario federale ha mandato un messaggio anche a Berlusconi.

«Ma anche la stampa dovrà fare i conti, come Repubblica che parla in prima pagina di truffa della Lega. Lunedì partirà una querela milionaria. Siccome il signor De Benedetti ha ricevuto parecchi milioni, non è un problema se ce ne prendiamo un po' per pagare volantini e manifesti per informare la gente».

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