Ingroia spara: «La sentenza Dell’Utri umilia Falcone»

Ingroia spara: «La sentenza Dell’Utri umilia Falcone»

RomaIngroia batte e Gasparri risponde. Per il primo la sentenza su Dell’Utri è una bestemmia, per l’altro le parole del pm sono un pugno in faccia alla magistratura e un’ennesima fuga dalle sue responsabilità.
Per dire che l’annullamento della sentenza sul fondatore di Forza Italia non gli piace, l’aggiunto palermitano Antonino Ingroia sceglie un’intervista a Repubblica.it. E spara a zero sulla Cassazione, la cui decisione rientra «in un processo di demolizione della cultura della giurisdizione e della prova che erano del pool di Falcone e Borsellino». Ma la toga siciliana, pm nel processo di primo grado contro Dell’Utri, riserva un colpo anche al presidente della quinta sezione della Suprema Corte, Aldo Grassi, sostenendo di non essere sopreso dalla sentenza, perché «coerente con la sua (di Grassi, ndr) impostazione di sempre. C’è chi ha avuto come maestri Corrado Carnevale, chi invece Falcone e Borsellino».
Quello che evidentemente Ingroia non riesce mandar giù, a leggere le sue dichiarazioni, sono le critiche riservate dal procuratore generale, Mauro Iacoviello, al reato di «concorso esterno», quello che aveva permesso di condannare il politico siciliano. Quel reato dai confini incerti, invece, l’aggiunto lo difende a spada tratta, attribuendone appunto la «paternità» ai due giudici ammazzati dalla mafia nel 1992: «Il concorso esterno non è un’invenzione della Procura di Palermo, è un insegnamento di Falcone e Borsellino», precisa. Per Ingroia «sarebbe triste» mettere una pietra tombale sul concorso esterno, ossia «su una delle più importanti e innovative idee giurisprudenziali» di Falcone e Borsellino, proprio «nel ventennale della strage».
Le vibrate proteste di Ingroia, che da magistrato contesta la sentenza della Cassazione, riaprono il discorso politico sul ruolo delle toghe. Al pm di Palermo risponde Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato. Ed è un intervento netto. «È paradossale che Ingroia faccia polemiche. Uno che ha fatto di Ciancimino jr una icona antimafia mentre faceva truffe e teneva tritolo in casa dovrebbe spiegare i suoi errori non alimentare polemiche. Il caso Ingroia ci spinge a votare senza modifiche la norma sulla responsabilità civile dei giudici.
Il Csm lo ha censurato ma lui offre altra materia per valutazioni negative». La questione della responsabilità civile dei magistrati non è un’invenzione di Gasparri. È un discorso che tira in ballo le scelte degli italiani.

È una storia che viene da lontano e dal referendum radicale del 1987. L’80,20 per cento degli elettori votò per la responsabilità. Da allora non è mai accaduto che un magistrato venisse condannato per i suoi errori. Cane non mangia cane.

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