L'imbarazzo si taglia a fette. Lo ha descritto efficacemente, sulla Stampa, Francesco Grignetti che, a tempesta in corso, ha fatto un salto al Palazzaccio, avvicinando vari colleghi di Antonio Esposito, presidente della seconda sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, cui si deve la conferma della condanna definitiva di Silvio Berlusconi: 4 anni di reclusione per frode fiscale. L'umore dei magistrati è nero. Essi parlano malvolentieri dell'argomento del giorno: la chiacchierata fatta da 'o presidente con un giornalista, registrata su nastro, mandata in Rete, trasmessa addirittura sulle tivù nazionali e apparsa - sotto forma d'intervista - sul Mattino di Napoli.
Esposito, del quale s'era già occupato anche Il Giornale con un paio di pezzi di Stefano Lorenzetto, che ne rivelavano alcuni comportamenti deontologicamente assai discutibili, si affanna a tentare di dimostrare l'innocenza delle proprie valutazioni sul fatto che il Cavaliere «non potesse non sapere» le porcherie di Mediaset. Ma lo fa con risultati poco convincenti, almeno finora. Egli sostiene che parlava in generale e non si riferiva in particolare all'ex premier. Si dà però il caso che la conversazione vertesse in modo specifico sulla clamorosa sentenza riguardante il leader del centrodestra.
Sia come sia, i giudici della Cassazione esprimono la propria irritazione, ma desiderano non esporsi in prima persona per commentare l'incidente, onde evitare di ingigantirlo con ulteriori polemiche. Solo Giuseppe Maria Berruti, presidente di sezione civile, non ha difficoltà a discuterne senza nascondersi dietro a un dito. E dice a Grignetti: «Mia auguro che adesso tutti tacciano. L'opinione pubblica è confusa. Gli stessi esperti del diritto faticano... Questa è una vicenda dolorosa».
In effetti siamo di fronte a episodi inediti: mai era accaduto, a nostra memoria, che un alto magistrato, investito di un ruolo tanto importante, discettasse del proprio lavoro prima che l'esito del medesimo fosse reso ufficiale. Il Csm ha aperto un procedimento nei confronti di Esposito allo scopo di fare chiarezza. Vedremo come andrà a finire. Intanto segnaliamo che, per motivi cui accenniamo in altra parte del Giornale, 'o presidente non è nuovo alle inchieste dell'organo di autogoverno della magistratura: ne ha già subite due con quattro capi di imputazione. Ciò ha poco peso, ma conviene saperlo: così, tanti per regolarsi.
Nel frattempo, per non sbagliare, è meglio non sparlare di lui, anche perché ricevere una querela da un rappresentante dell'ordine giudiziario significa quasi sempre perderla, pagare in contanti e talvolta con la galera. D'altronde, la categoria è molto compatta, esercita al proprio interno un grado elevato di solidarietà corporativa ed è consigliabile tenersela buona non foss'altro che per risparmiarsi grane pazzesche.
Una certezza, tuttavia, in questo momento di sconcerto diffuso, l'abbiamo maturata: il giudizio di condanna emesso dalla sezione feriale presieduta da Esposito doveva in teoria essere una sorta di pietra tombale sulla persona di Berlusconi, politico e imprenditore, e può darsi che prossimamente lo diventi; al presente, però, è stata seppellita soltanto la credibilità della giustizia. Al cui confronto il bar Sport dà l'impressione di essere una sede più affidabile per dirimere qualsivoglia contenzioso.
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