Lodo Mondadori, tregua per l'estate

Oggi il caso in Cassazione. Al via l'udienza sul maxi risarcimento al gruppo di De Benedetti: il verdetto fra tre-quattro mesi

Lodo Mondadori, tregua per l'estate

Cinquecentosessanta milioni di euro, più di mille miliardi delle vecchie lire che regolavano l'economia nell'Italietta in cui Carlo De Benedetti e Silvio Berlusconi si scontarono frontalmente per il controllo della Mondadori, dell'Espresso e di Repubblica: a tanto ammonta il risarcimento che Berlusconi ha già dovuto versare a De Benedetti, e che oggi potrebbe diventare definitivo ed irrevocabile. Sono soldi che il Cavaliere ha già materialmente sborsato. Ma ciò non toglie che se anche la Cassazione - che dovrebbe render nota la sua decisione dopo l'estate - gli darà torto, dopo le batoste sui diritti tv e sul caso Ruby, il 2013 giudiziario di Berlusconi inizierebbe a somigliare a una catastrofe.

La terza sezione civile della Cassazione affronta oggi l'ultimo round di una battaglia iniziata nel remoto 1990, e proseguita da allora in un alternarsi di vittorie, di ribaltamenti, di accuse, di accordi. Alla fine, Berlusconi si tenne i libri e i periodici, l'Ingegnere si tenne i quotidiani e l'Espresso. Ma fu un accordo, dicono i giudici, figlio di un delitto: la corruzione un magistrato dell'epoca, Vittorio Metta, comprato da Previti perché desse ragione a Berlusconi.

Dopo la condanna di Previti e Metta, De Benedetti ha fatto causa a Berlusconi. Ne è nata la famosa sentenza dei 750 milioni di risarcimento sanciti nel 2009 dal giudice Raimondo Mesiano a favore della Cir, la holding debenedettiana. In appello, il risarcimento venne ridimensionato: 560 milioni. Ma si trattò ugualmente di una botta senza precedenti.

E, a differenza di Mesiano, i giudici di secondo grado accompagnarono la sentenza con giudizi pesanti sul ruolo di Berlusconi, che nel processo penale era uscito per prescrizione, e che invece nella sentenza civile venne indicato apertamente come colui che non poteva non

sapere: «È certo, essendo il contrario addirittura irreale, che il dominus della società in persona abbia promosso ovvero consentito la condotta criminosa, concretamente realizzata con denaro suo ed a suo illecito profitto».

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