Merkel forte in Europa ma debole a casa sua

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Cesaretti e Parietti alle pagine 4-5

Per Angela Merkel è quasi l'ora di tornare al lavoro. Al ritorno dal soggiorno in Alto Adige trascorrerà ancora qualche giorno in campagna, probabilmente (...)

(...) nell'Uckermark, la zona dell'ex Germania Est in cui è cresciuta. Poi la ripresa dell'attività. E per la Cancelliera non si prepara un autunno facile. Nelle settimane del Sommerloch, il vuoto estivo della politica tedesca, la sua maggioranza ha subito scossoni fino ad ora mai registrati. E i partiti che l'appoggiano si sono divisi in due fronti: realisti da una parte, fondamentalisti del rigore dall'altra.
In Germania, quando si forma un governo, le forze che l'appoggiano firmano di solito un Koalitionsvertrag, letteralmente «contratto di coalizione». E già l'espressione «contratto» indica l'incisività degli impegni assunti. La tolleranza per le posizioni che si allontanano dalla linea ufficiale è scarsissima. E invece quest'anno Berlino sembra Roma, dove l'ultimo tra i peones può conquistare cinque minuti di visibilità con qualche dichiarazione, magari stravagante ma di sicuro effetto sui giornali.
A distinguersi sono stati i due partiti alleati della Cdu della Cancelliera: i democristiani bavaresi della Csu e i liberali della Fdp. I bavaresi hanno un problema di credibilità che inizia a diventare serio e che assomiglia a quello tradizionalmente vissuto dalla Lega Nord in Italia. Quando sono a Monaco fanno la faccia feroce e promettono sfracelli: mai più un soldo ai fannulloni del Sud, basta con la Grecia, linea durissima con Draghi, i suoi amici italiani e la Spagna. Poi tornano a Berlino e votano disciplinatamente quello che la Merkel ordina. E cioè troppo, almeno per i duri e puri della disciplina monetaria. Per risolvere il problema hanno deciso di alzare il volume delle dichiarazioni. Ha iniziato il segretario del partito Alexander Dobrindt, proponendo un esperimento mai visto nella storia: senza abbandonare l'euro, «il governo di Atene dovrebbe iniziare a pagare in dracme la metà degli stipendi pubblici, delle pensioni e delle altre spese». Poi lo stesso Dobrindt ha sparato ad alzo zero su Draghi: «Colpisce che il numero uno della Bce intervenga e dica che vuol comprare titoli di Stato proprio quando per l'Italia la situazione si fa più seria». A dargli manforte un paio di giorni fa è intervenuto il ministro delle finanze bavarese Markus Soeder: «La Bce non può trasformarsi in una macchina da inflazione. La Grecia dovrebbe uscire dall'euro entro fine anno e la colpa di quanto è successo è solo sua e di nessun altro. L'uscita di Atene poi servirà d'esempio all'Italia e alla Spagna. Se se la caveranno, con il loro sistema di non pagare i debiti e di evitare le riforme, il sistema finirà per crollare».
Quanto ai liberali, il ministro dell'Economia e vicecancelliere Philipp Roesler fu il primo a dire, smentendo tutte le dichiarazioni ufficiali, che l'uscita della Grecia non rappresentava un problema. Il suo collega responsabile degli Esteri Guido Westerwelle ha aggiunto il carico: «L'Europa può fallire anche per troppa solidarietà. Per esempio se noi tedeschi ci carichiamo di troppi obblighi e se chiediamo troppo poco agli altri in termini di riforme». Anche in questo caso non mancano robuste ragioni interne che giustificano la durezza dei liberali: la Fdp non ha ancora superato una crisi durissima e viaggia intorno a quota 5% nei sondaggi (è quella che garantisce la presenza in Parlamento). In vista delle prossime elezioni del settembre del 2013, Roesler, che è ministro (il più impopolare) e capo del partito, sta giocando la carta del rigore per risalire la corrente.
Da parte sua la Cancelliera può schierare in campo un'arma formidabile: il granitico sostegno dell'opinione pubblica. L'ultimo sondaggio di tre 0iorni fa mostra che l'appoggiano senza riserve il 70% dei concittadini. Con lei, in cima alla classifica (67%) c'è il suo ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble. I socialdemocratici all'opposizione seguono a 20 punti di distanza. Gli stessi tedeschi favorevoli alla Cancelliera dimostrano però nei sondaggi di non avere nessuna voglia di aprire i cordoni della borsa. E se la Merkel vorrà mantenere il favore della maggioranza dovrà conciliare il necessario pragmatismo sul piano europeo con la severità finanziaria richiesta dall'opinione pubblica. Non sarà facile. Anche perché i segnali di disagio dell'establishment non mancano. Venerdì la Frankfurter Allgemeine Zeitung, bastione del potere conservatore, ha dedicato una pagina intera a un libro in uscita questa settimana scritto da una ex collaboratrice di Helmut Kohl. Il titolo, La Padrina, è eloquente: l'autrice spara ad alzo zero contro la Cancelliera, la accusa di un pragmatismo che è vicino alla mancanza di principi, di un sistema di potere creato senza scrupoli, di cambiare posizione seguendo solo i desideri degli elettori: «La Merkel gestisce il governo come una drogheria: i prodotti che non funzionano vengono eliminati dal listino. I prodotti della concorrenza che piacciono vengono copiati.

La Cancelliera si vede come una negoziante in un mercato in cui è solo il favore del pubblico a decidere il valore della merce». Insomma, nelle prossime settimane la machiavellica Angela dovrà dare il meglio di sé.

di Angelo Allegri

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