Roma - Senza dubbio Monti lo dice anche a uso interno: «L’Italia non ha superato l’emergenza: e siamo molto impegnati a mettere il Paese al sicuro». Bando all’ottimismo, quindi. Una carta, questa, che il premier butterà sul tavolo domani sera, quando davanti a sé avrà i tre leader che sostengono il suo governo, Alfano, Bersani e Casini. Così, in occasione del bilaterale con frau Merkel, il premier coglie la palla al balzo per avvisare i partiti, in fibrillazione e desiderosi di porre veti e/o tirarlo per la giacca: i compiti a casa non sono finiti sebbene Monti, in conferenza stampa, riconosca che «certamente abbiamo arrestato quella tendenza tettonica in direzione sud-orientale che qualche mese fa stava impercettibilmente trascinando la penisola italica verso quella ellenica». Abbiamo evitato di fare come la Grecia ma non siamo ancora salvi. La Merkel accanto annuisce. E infatti dice che «non siamo ancora alla fine del cammino per rendere l’Europa competitiva» sebbene, elogi a Monti, «sono ammirata dalle azioni coraggiose del governo». Questa volta, incassato il rigore, ossia le nuove regole sul deficit, la cancelliera parla di crescita: «Dobbiamo creare un vero mercato interno per infrastrutture, servizi, e lavoro».
Musica per le orecchie di Monti che adesso può pronunciare la parola «solidarietà». E infatti rimarca le differenze rispetto al rigorismo egoistico dei teutonici: «Non abbiamo superato le Alpi, immagine che mi piace questa, e - mette i puntini sulle “i” il premier - stiamo molto volentieri al di qua, pur amando attraversarle per andare in Germania e altri magnifici luoghi d’Europa. In ogni caso si tratta di una sfida continua». I due sembrano andare a braccetto anche se, come al solito, a mostrare maggiormente i muscoli è la cancelliera. Va bene la crescita e lo sviluppo; va bene la solidarietà internazionale ma quando poi si va sul concreto i suoi «niet» rimangono tali. Nessuna parola sugli eurobond, neppure nella variante degli stability bonds; ma soltanto un «dobbiamo utilizzare meglio i nostri fondi strutturali dell’Ue». E sul versante degli strumenti anticontagio, ancora un nulla di fatto: s’è deciso di non decidere. Sebbene le istituzioni europee, l’Italia e quasi tutti gli altri chiedano di aumentare la potenza di fuoco a 750 miliardi di euro, Berlino (assieme a Olanda e Lussemburgo) non ne vuole sapere: «Il fondo va utilizzato in modo saggio - taglia corto la Merkel - Ciascun Paese membro dell’Ue si conquisti la fiducia dei mercati». Monti poi si toglie un sassolino dalla scarpa quando ricorda che, in passato, furono proprio Berlino e Parigi a godere del lassismo nei conti: «Stimo molto la cancelliera perché riconobbe che all’origine del problema c’era stata la perdita di credibilità del patto di stabilità e crescita, inflitta nel 2003 da Francia e Germania». Merkel annuisce.
Altro tema su cui s’è deciso di non decidere è quello sulla Tobin tax, tassa sulle transazioni finanziarie.
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