Ma non dimenticate la legge sulla stampa

Una preghiera alla Cancellieri: faccia ciò che altri non hanno saputo fare per ignavia o cialtroneria; prepari un bel decreto, evitando di gettare la normativa nella palude parlamentare

Ma non dimenticate la legge sulla stampa

Vabbè, abbiamo il governo e siamo contenti. Ma saremo ancor più contenti il giorno in cui Enrico Letta e la sua squadra avranno realizzato l'ambizioso programma illustrato alle Camere. Nel quale tuttavia manca un provvedimento che allo scadere della scorsa legislatura era sembrato urgente, avendo mobilitato il Senato per un paio di mesi, ma che per cause varie (non ultima l'imperizia dei senatori) è rimasto lettera morta. Mi riferisco alla legge che disciplina la delicata materia della libertà di stampa, delimitandone i confini.

Promemoria. Nell'autunno del 2012 l'opinione pubblica fu scossa dalla condanna inflitta al direttore del Giornale per diffamazione: 14 mesi di reclusione confermati dalla Cassazione. Roba da matti, si disse. Come si fa a ingabbiare un giornalista per un reato commesso nell'esercizio della professione? Subito fu attaccata la magistratura perché aveva applicato con severità inaudita una norma del codice penale. Le critiche alle toghe non erano campate in aria, anche perché una simile pena non era mai stata rifilata (Giovanni Guareschi a parte, negli anni Cinquanta) a un collega, segno che la clemenza l'aveva fatta da padrona con tutti, salvo trasformarsi in cattiveria «ad personam» per Alessandro Sallusti.

Qualcuno però, tra cui noi, osservò che i giudici - per quanto eccessivamente rigorosi col nostro direttore - avevano pur sempre applicato la legge. Della quale, pertanto, si imponeva la revisione, considerato che chi la amministra non è «riformabile» tanto facilmente. L'obiezione fu accolta. E la commissione di Palazzo Madama si mise all'opera per modificare la vetusta regola, degna di dittature fascistelle e comunistelle (i vezzeggiativi sono miei). Pareva un gioco da ragazzi. In effetti, sarebbe bastato eliminare la galera dal novero delle sanzioni, lasciandovi ovviamente l'obbligo della rettifica su richiesta dell'offeso e il risarcimento dei danni in sede civile. In un paio di giorni il problema poteva essere risolto. Invece i parlamentari si accapigliarono e vinsero quelli che odiano i cronisti. Risultato: nulla è cambiato. Vige ancora la normativa fascistella che punisce con la prigione e consegna ai giudici un'arma micidiale per spuntare le penne più aguzze e irriguardose. Tanto tuonò che non piovve. Poi furono sciolte le Camere, furono indetti i comizi, si votò. E la vexata quaestio della diffamazione, reato da galera, venne accantonata.

Ma noi non siamo smemorati ed eccoci qui a ricordare a lorsignori il dovere di intervenire anche in questo nostro settore abbandonato da oltre mezzo secolo alla discrezionalità dei magistrati. Insomma, una nuova legge, adatta ai tempi, è necessaria, altro che occuparsi, come pretende la presidente di Montecitorio, Laura Boldrini, del Web in cui la gentile dama vede una minaccia alla propria augusta persona nonché alle donne in genere, quasi che i cretinetti (numerosi) dei social network fossero tutti sessisti, misogini e antifemministi e non cretinetti tout court, quindi capaci di insultare chiunque, senza distinzione di genere.

Istintivamente, riponiamo fiducia nel nuovo ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, e a lei ci rivolgiamo con una preghiera: faccia ciò che altri non hanno saputo fare per ignavia o cialtroneria o sciatteria; prepari cioè un bel decreto che aggiusti le cose relative al mestieraccio, evitando di gettare la normativa nella palude parlamentare, dove si impantanerebbe una seconda volta. Se la signora ce lo consente, le diamo un suggerimento a proposito dei contenuti della regolamentazione innovativa: prenda la legge inglese e la trasferisca di peso nel nostro codice. Così nessuno troverà nulla da ridire. Zero polemiche. Chi mai si azzarderebbe a boicottare una riforma importata dall'Isola della Democrazia? Chi avrebbe il coraggio di negare che la libertà di stampa e di pensiero è stata una conquista dell'Inghilterra, nazione maggiormente titolata al mondo per dare lezioni di tutela del diritto di manifestare opinioni con carta e inchiostro?

Illustre ministro Cancellieri, il nostro è un consiglio interessato, dato che ci sta a cuore il lavoro che svolgiamo. Ma glielo diamo anche per un altro motivo: poiché è obbligatorio attenersi al politicamente corretto, se lei accompagnerà il decreto con un commento nel quale sarà precisato che si tratta della legge inglese, la più avanzata dell'Occidente, non un solo onorevole oserà dire che è una boiata. La supplico, signora ministro, ci dia retta. Se poi le avanzerà tempo, esamini l'opportunità di sopprimere l'Ordine dei giornalisti, totalmente inutile.

Non crede a noi impresentabili? Interpelli la collega Milena Gabanelli, amata e temuta a sinistra: fu bocciata all'esame di Stato, esattamente come Alberto Moravia (che scriveva mica male), ma ciò non le ha vietato di diventare una star, a dimostrazione che l'unico albo serio è un album, quello delle figurine Panini.

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