Il Papa sfida i mafiosi: «Vi scomunico»

Il Papa sfida i mafiosi: «Vi scomunico»

Cassano allo Jonio (Cosenza)«Quelli che non sono in questa strada di bene, come i mafiosi, questi non sono in comunione con Dio, sono scomunicati».
Mai un pontefice s'era spinto oltre le colonne della sola critica, magari anche dura, parlando di mafia. Papa Bergoglio s'è lasciato alle spalle il passato sotto il sole caldo di Sibari, cuore di una Calabria che spesso fa rima con sangue e arena, morte e malaffare. Sulle colline dell'entroterra sibarita lo scorso gennaio in un'auto erano stati trovati i corpi di un bimbo di 3 anni, Cocò, di suo nonno e della convivente di ques'ultimo. Uccisi con un colpo di pistola in testa e poi dati alle fiamme - ipotizza chi indaga - per una partita di droga non pagata dall'anziano o per uno sgarro non digerito dal clan. Poche settimane più tardi, il 3 marzo, ancora spazio per padre Lazzardo Longobardi, sacerdote redentorista ammazzato a sprangate da un giovane rumeno che non aveva digerito il no del prete ad una richiesta di denaro. Papa Francesco la volontà di visitare la diocesi di Cassano allo Jonio (della quale Sibari è parte) l'aveva anticipata già a fine dicembre, quando aveva annunciato che avrebbe voluto conoscere la comunità alla quale in quei giorni di fine 2013 chiedeva «scusa per averle sottratto» (così scriveva) il suo vescovo, Nunzio Galantino, chiamato a ricoprire l'incarico di segretario generale della Cei. Ieri, mantenendo la promessa, è arrivato in elicottero da Roma puntando sugli ultimi: prima il carcere di Castrovillari e i suoi detenuti (e tra loro il padre e le nonne di Cocò). Poi la tappa al centro di cure palliative per malati terminali. Quindi, dopo il faccia a faccia col clero in Cattedrale, il pranzo coi poveri in seminario e l'incontro con gli anziani di una casa di riposo.
Appuntamenti in forma privata, durante i quali è maturata la svolta. Avvicinandosi alla spianata, Papa Bergoglio ha limato la sua omelia. E davanti ai 200.000 pellegrini accorsi ad ascoltarlo da tutto il Meridione ha indicato la via nuova. Non più solo manifestazioni di condanna, forte e severa, ma uso di categorie ecclesiali e teologiche. Una su tutte: scomunica. «La Chiesa - ha detto - deve sempre più spendersi perché il bene possa prevalere. Ce lo chiedono i nostri ragazzi. Ce lo domandano i nostri giovani, bisognosi di speranza». Una pausa, l'occhio che si solleva dai fogli, la voce che dà corpo e sostanza a ciò che nel testo ufficiale non è scritto: «Quelli che non sono in questa strada di bene, come i mafiosi, questi non sono in comunione con Dio, sono scomunicati».
Le Chiese del sud la scomunica l'avevano comminata anche negli anni '90, ad esempio in Sicilia. Netta era stata nel 2007 pure la Conferenza episcopale calabra, con la lettera pastorale «Se non vi convertirete perirete tutti». Ma neppure il Giovanni Paolo II della valle agrigentina dei templi che nel 1993 esortava aspro alla conversione e al pentimento aveva dato alla questione veste ecclesiale. «Quando all'adorazione del Signore si sostituisce l'adorazione del denaro - ha chiarito il Papa venuto da lontano dando respiro alla sua riflessione - si apre la strada al peccato, all'interesse personale e alla sopraffazione.

Quando non si adora il Signore si diventa adoratori del male, come lo sono coloro che vivono di malaffare, di violenza, la vostra terra, tanto bella, conosce le conseguenze di questo peccato».
Una sfida alle cosche e soprattutto alla Chiesa, che dovrà adesso capire (e dire) quando ci si trovi davanti ad un mafioso e come seguire, nei fatti, la rotta disegnata dal nocchiero della navicella di Pietro.

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