Roma - A risarcire l'Imu sulla prima casa agli italiani saranno i connazionali che hanno capitali in Svizzera. Silvio Berlusconi ha annunciato che, se andrà al governo, non si limiterà ad abolire l'imposta più odiata dagli italiani, ma rimborserà in contanti chi l'ha già pagata nel 2012. Per fare fronte al mancato gettito per l'anno scorso e anche per il futuro - e questa è la vera novità della «proposta choc» di ieri - il Cavaliere vorrebbe attingere alle risorse che dovrebbero arrivare quando verrà chiuso l'accordo per regolarizzare e tassare i capitali detenuti illegalmente dagli italiani in Svizzera.
Si stima siano 150 miliardi di euro, ma potrebbero essere di più visto che nell'ultimo anno la fuga di capitali ha messo il turbo, grazie alle politiche fiscali del governo e ai timori sulla tenuta dell'economia.
Copertura a sorpresa (prima si era parlato di tasse su beni come gli alcolici), che si basa sulle ipotesi di accordo tra Roma e il governo confederale che erano circolate in novembre, poco prima che il ministro dell'Economia Vittorio Grilli imponesse uno stop alle trattative. Le bozze ricalcano lo schema Rubrik già sperimentato con la Germania, l'Austria e la Gran Bretagna, dal nome del famoso Cubo, gioco a incastri complicato quanto le intese bilaterali stipulate della Svizzera.
Il leader del Pdl ha detto che dall'intesa con Berna arriverebbe un «gettito una tantum di 25-30 miliardi e poi all'anno un flusso di 5 miliardi». Sufficienti per coprire sia la restituzione dell'Imu 2012, sia il mancato gettito dell'abolizione dell'imposta sulla prima casa (circa 4 miliardi) per gli anni a venire. Cifre che corrispondono alle bozze dell'intesa tra Berna e Roma di fine novembre, dove si ipotizzava un'aliquota sui redditi da capitali futuri e poi un'una tantum sui capitali italiani depositati nei caveau svizzeri, tra il 15 e il 20%. Altre ipotesi teorizzavano l'una tantum intorno al 40%, sempre in cambio dell'assicurazione dell'anonimato. Ma il rischio è che la regolarizzazione diventi poco attraente e l'operazione fallisca perché nessuno aderisce.
La Germania aveva raggiunto un accordo con la Svizzera su un'aliquota del 26% sui redditi da capitale. Ma il Bundesrat, la Camera dei Laender che è a maggioranza socialdemocratica, a novembre l'ha bocciato. Restano in vigore gli accordi con il Regno unito, con un'aliquota del 27% e la sanatoria per il pregresso dietro pagamento del 34%, e quello con l'Austria (25% sui redditi da capitale e poi tra il 15 e il 38% per la regolarizzazione dei capitali).
Poi c'è la trattativa tra la Svizzera e l'Unione europea. E qui il problema è lo scambio di informazioni tra le banche elvetiche e le amministrazioni fiscali dei Paesi europei. Il governo confederale di Berna ha sei mesi per rispettare le condizioni di Bruxelles, poi finirà nella lista nera Ue dei paradisi fiscali.
Un fautore della linea durissima con la Svizzera era, ed è tuttora, l'ex ministro dell'Economia Giulio Tremonti.
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