Meglio tenerseli stretti, i vecchi amici. A un certo punto della vita rischiano anche di diventare gli unici, oltretutto. Pare che dai trent'anni in poi creare legami solidi sia difficilissimo: non è che non conosciamo più persone nuove, anzi, ne incontriamo a decine, è che entrano ed escono dalle nostre esistenze senza particolare intensità, senza particolare senso, quasi. Senza fermarsi e diventare - appunto - amici veri: sono conoscenze, frequentazioni, quasi-amicizie. Contatti su facebook o twitter, magari a centinaia, ma nessuno da invitare a una festa di compleanno.
Eccezioni a parte, dopo i trenta (e ancora di più dopo i quaranta) bisogna accontentarsi di un Kof, «kind of friend», secondo la definizione del New York Times: una specie di amico/a, più che altro una vicinanza creata alle occasioni, dalle situazioni comuni in cui ci si viene a trovare, non un legame affettivo di quelli saldi, a cui ricorrere in caso di bisogno. Una classica relazione da Kof è quella fra mamme di amichetti (di parco, o asilo): sono i piccoli che si piacciono, loro vanno al traino. Se i figli si odiassero, probabilmente smetterebbero pure di salutarsi. E il punto è che non è un caso. Gli studi, come quelli del Centro sulla longevità di Stanford, California, confermano che a trent'anni scatta una specie di «sveglia interiore» che ti avvisa: il tuo orizzonte inizia a restringersi, meglio che ti concentri sugli affetti veri, importanti, qui e ora. Quindi un rapporto nuovo, da costruire, con un amico/a potenziale, per quanto in sintonia, appare una perdita di tempo, un lusso superfluo. Figli, famiglia, casa, lavoro, magari il cane. C'è questo, e non c'è spazio per molto altro. Ci sono anche ragioni tecniche: per diventare amici stretti servono vicinanza (fisica), frequentazioni continuate e un ambiente favorevole all'intimità, tutte condizioni tipiche di situazioni come la scuola, la squadra o l'università, non del mondo degli adulti che lavorano, sono sposati e magari hanno figli. Tutti i passi della vita, dalla laurea in avanti, sembrano allontanarci dalla possibilità di stringere legami intensi: il rapporto di coppia (se è difficile trovare un amico, figuriamoci due, e che vadano bene sia a lui, sia a lei); i figli; il lavoro, dove è difficile che i rapporti siano paritetici, sinceri, stabili e soprattutto non limitati all'ufficio.
Non è tutto. Marla Paul, che ha scritto La crisi dell'amicizia (sottotitolo: «Trovare, farsi e mantenere degli amici quando non sei più un ragazzino») racconta che, sempre intorno ai trenta, dentro di noi scatta qualcosa e diventiamo più esigenti, attorno a noi vogliamo solo certe persone. «Alziamo l'asticella, rispetto a quando eravamo giovani e ci andava bene quasi chiunque per un margarita» ha spiegato al New York Times. Anche chi non beve capisce la difficoltà: dopo una certa età, dopo tanti amici (o pseudo tali) egocentrici, egoisti, in cerca di identità o di una parte a teatro, opportunisti, superficiali di varia natura, doppiogiochisti o gente dalla smemoratezza facile, è chiaro che si diventi meno accondiscendenti, meno disposti a prendere quel che viene. E anche un po' più sospettosi.
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