Alla fine la diatriba tra aziende sanitarie è stata chiarita e il marittimo romeno colpito da infarto è stato operato con successo a Udine. Ma dietro il caso scoppiato in questi giorni tra gli ospedali del Nordest si vede in controluce una questione che sarebbe tutta da chiarire.
Questi i fatti: il marittimo romeno che vive e lavora in Italia viene colto da infarto e viene ricoverato all'ospedale di Mestre. Da qui i medici dispongono il trasferimento a Padova, dove avrebbe dovuto essere messo in lista per un trapianto cardiaco. L'azienda ospedaliera di Padova però avrebbe sollevato dei dubbi sulla procedura, un chirurgo avrebbe esplicitamente sostenuto che i «cuori degli italiani devono andare agli italiani» e che i pazienti stranieri devono essere trasferiti nel proprio Paese.
Di certo all'ospedale di Padova è stato chiesto un parere sul da farsi, come ha raccontato il Secolo XIX. La direzione dell'azienda ospedaliera di Padova ha replicato alle polemiche suscitate dal caso assicurando che è stata seguira la procedura prevista: «Alla richiesta dei sanitari di Mestre di una consulenza sul caso, la Cardiochirurgia di Padova ha prontamente dato la propria disponibilità - ha fatto sapere il direttore dell'ospedale, Antonio Rupolo -. Ha chiesto semplicemente, come da prassi e dai regolamenti aziendali, una richiesta scritta a tutela delle norme di copertura assicurativa e legale».
In Veneto la vicenda ha provocato un mare di polemiche, anche politiche, con la solita accusa di razzismo, che però l'ospedale ha respinto, spiegando cosa prevedono le regole: in casi simili, bisogna valutare se il paziente straniero può essere trasportato nel proprio Paese d'origine, sulla base della semplice considerazione che c'è una tragica scarsità d'organi e una, purtroppo lunga, lista d'attesa. La regola viene applicata solo se il paziente non è trasportabile. «In questo caso - insiste Rupolo, smentendo la gravità del paziente - era estubato, cosciente e stabile».
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