La concussione? Reato incomprensibile, dai contorni evanescenti. A sostenerlo non è limputato eccellente del processo Ruby, ma Mark Pieth, criminologo di fama internazionale e presidente del gruppo di lavoro sulla corruzione dellOcse. Il professore parla inglese, ma la parola «concussione» non trova corrispondente in nessunaltra lingua del mondo, neppure in un altro ordinamento giuridico. È una specialità italica, al pari del Colosseo e del mandolino.
Professore, perché la concussione esiste soltanto in Italia?
«Perché negli altri Paesi cè una discriminante: la duress (coercizione, ndr). Se qualcuno ti domanda del denaro con un fucile, ti rapina. Lidea alla base è che se non cè un contratto tra le parti nessuno deve pagare. Nel resto del mondo esistono i reati di corruzione ed estorsione che per integrarsi richiedono comunque una minaccia specifica o una forma di violenza. In Italia invece una parte che paga in assenza di coercizione ma in virtù di un imprecisato timore può qualificarsi come vittima di concussione. Nel resto del mondo questa fattispecie è ritenuta troppo morbida, troppo blanda, troppo vaga per configurare un reato».
Quindi, se ho ben capito, allestero un imprenditore che dà una mazzetta non gode di alcun salvacondotto per apparire vittima poiché partecipa ad un atto di corruzione.
«Esattamente. Lofferente - a noi non importa che sia imprenditore o meno - commette un reato, anche se il pubblico funzionario domanda qualcosa con una certa insistenza. Non può mai essere giustificato chi paga. La concussione viene usata da chi offre denaro o utilità di altro tipo come difesa per sfuggire a qualunque responsabilità penale, e questo non è ammesso dalle regole Ocse».
È vero che nel 2000 il gruppo di lavoro da lei presieduto ha puntato lattenzione sulla concussione italiana per via dellelevato numero di procedimenti partiti con accuse di corruzione e poi convertiti alla concussione?
«Va precisato che il nostro gruppo si occupa dei fenomeni di corruzione nelle transazioni economiche internazionali. Nel 2000 non avevamo molti casi internazionali, ce nerano pochissimi relativi a fatti di corruzione di funzionari stranieri. I casi italiani invece erano legati a Mani Pulite: a livello domestico la concussione rappresenta uno strumento interessante perché ci sono persone che vengono e ti dicono: Io dovevo pagare perché ero costretto a pagare, e questo ti permette di ribaltare il caso contro il pubblico funzionario».
Ma nei casi in cui è provata la coercizione non dovrebbe parlarsi di estorsione per esempio?
«Beh, questa fu una strategia locale durante Mani Pulite».
Cioè una strategia impiegata dalla magistratura in un momento storico specifico?
«Sì, per far venir fuori dei casi. Noi però non mettiamo in discussione questo aspetto, a noi interessa la dimensione internazionale per garantire una corretta concorrenza. La nostra attenzione è rivolta allattività di corruzione nei confronti di funzionari stranieri, come quella operata da alcune imprese italiane verso il re del Marocco per esempio».
Tornando allItalia la proposta di legge presentata nel 2010 dal Pd e recentemente ritirata era sostanzialmente in linea con le vostre raccomandazioni, o sbaglio?
«Sì, del tutto».
Esagero se dico che la concussione agevola la corruzione?
«Non esagera, lesistenza di un reato di concussione rischia di aumentare la corruzione».
Qual è la sua ricetta per la lotta contro la corruzione in Italia?
«Devo dire che cinque anni fa lItalia era sul punto di approvare alcune leggi altamente problematiche come quella sul falso in bilancio. Per fortuna oggi molti di quei provvedimenti non sono più in vigore. Il problema principale però rimane: i tempi della prescrizione lasciano i cittadini senza giustizia, la prescrizione significa impunità. Il 62% dei procedimenti da noi analizzati alla fine sono caduti in prescrizione. È unenormità».
Come ne usciamo?
«LItalia potrebbe decidere di escludere la prescrizione dopo una sentenza di primo grado.
Se aboliremo anche il reato di concussione, migliorerà il giudizio Ocse sullItalia?
«Sarà un bene per la credibilità del Paese».
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