Cosenza - Stoppata la pubblicazione del quotidiano locale che racconta dei guai giudiziari del figlio del senatore per un incarico ottenuto dall'azienda sanitaria e delle telefonate del padre col dirigente dell'Asl.
È la storiaccia che minaccia il regno di Tonino Gentile, senatore e coordinatore del Nuovo centrodestra in Calabria, col fratello Pino (assessore nella giunta regionale guidata da un altro alfaniano doc, Peppe Scopelliti) da un quarto di secolo tra i padroni della scena politica calabrese.
Già la sua collega di partito Nunzia De Girolamo era scivolata sulla buccia di banana della gestione della sanità e su un'intercettazione malandrina che le era costata le dimissioni da ministro. Adesso il copione si ripete e potrebbe portar via al leader del Ncd calabro la poltrona di sottosegretario alla Giustizia, alla quale Angelino in persona l'aveva candidato, perorando la causa con Matteo Renzi.
A mettere a rischio l'operazione, un giornalista. Lui è Luciano Regolo, direttore dell'Ora della Calabria. Lunedì la Procura di Cosenza ha accesso i riflettori sull'azienda sanitaria cosentina. Il direttore generale, Gianfranco Scarpelli, da sempre e da tutti considerato vicino ai Gentile, s'è visto notificare l'interdizione dai pubblici uffici, accusato d'aver speso 900mila euro per incarichi conferiti in via discrezionale ad un avvocato Nicola Gaetano, che secondo gli inquirenti «avrebbe agito per ottenere per sé il maggior numero di affidamenti e pilotare verso legali amici gli ulteriori affidamenti».
Di quel fiume di denaro, attraverso Gaetano, avrebbe beneficiato anche il figlio del parlamentare, Andrea Gentile: a suo carico si procede per abuso d'ufficio, falso, truffa e associazione a delinquere.
È questa la notizia che L'Ora della Calabria s'apprestava a rendere nota nell'edizione del mercoledì, insieme ad un'intercettazione telefonica. Una telefonata risalente al 25 settembre 2013, nel corso della quale il senatore (che non è indagato) parla con Scarpelli: «Quella cosa che tu mi hai detto, della magistratura, non è vera proprio, hai capito? Tu intanto gliele fai fare tutte e due, una gliela dai provvisoria e l'altra gliela dai normale, hai capito? Non è giusto che noi pochi amici abbiamo e se li perdiamo perché gli altri ci strumentalizzano è un peccato! Hai capito, Gianfra'?».
E Gianfrà, che ha capito, risponde telegrafico: «Vabbò». Ma in edicola L'Ora della Calabria non è neppure arrivata. «Martedì sera - racconta Regolo - l'editore mi ha chiesto se non fosse possibile ritirare l'articolo sull'indagine sul figlio di Gentile. Ho minacciato le dimissioni. Mentre ne discutevamo, in mia presenza e in viva voce, l'editore ha ricevuto la telefonata del nostro stampatore, Umberto De Rose, che ponendosi come mediatore della famiglia Gentile faceva ulteriori pressioni per convincerlo a non pubblicare la notizia, ricordandogli che «il cinghiale, quando viene ferito, ammazza tutti».
Quindi, di fronte all'ennesimo no, «De Rose alle due di notte ha fatto sapere che il giornale non poteva andare in stampa per un guasto alle rotative».
Adesso, mentre il senatore tace (ieri il suo telefono squillava a vuoto) e De Rose smentisce pressioni, Regolo, da bravo cacciatore di cinghiali, non demorde: «Aspetto che la Procura mi convochi per produrre la documentazione in mio possesso riguardo alle pressioni che Gentile, per interposta persona, ha effettuato». Ai magistrati sarebbe pronto a consegnare le registrazioni delle telefonate ricevute. Quelle che potrebbero tenere Gentile lontano da via Arenula. A vita.
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