Cronache

Soddisfa palato e portafogli Il cibo da strada fa il boom

Per il 73 per cento degli italiani in vacanza il chioschetto è meglio del ristorante. A patto di mangiare secondo la nostra tradizione: meno kebab e più pizza al trancio

Il chiosco della grattachecca di "Sora Maria" a Roma
Il chiosco della grattachecca di "Sora Maria" a Roma

Chiamatelo baracchino, come facevano i nostri nonni, oppure «street food», che fa più à la page. La sostanza non cambia: gli italiani quest'estate hanno riscoperto il fascino di mangiare un boccone «al volo». E chi pensa che voglia dire mangiare poco e male si sbaglia: dalla piada alla granita di limone, dal panzerotto agli arrosticini, scegliere il cibo da strada è in realtà un modo per riscoprire le tradizioni del nostro Paese. Senza spendere le cifre astronomiche dei ristoranti pluristellati. Basta una rapida ricerca online per scoprire che gli eventi che lo celebrano sono tanti: a Cesena, dal 4 al 6 ottobre, si tiene la settima edizione del «Festival internazionale del cibo da strada», organizzato con Confesercenti e Slow Food (da quelle parti sono così organizzati che hanno creato pure il sito www.riministreetfood.com, con la mappa e la spiegazione delle pietanze d'asporto da gustare in città). Ad Arezzo, dal 13 al 15 settembre, c'è «Street food Village», mentre a Trapani da anni, a luglio, la città si popola di stand con prodotti tipici per la «Stragusto».
Anche le più illustri guide, dal Gambero Rosso alla Lonely Planet, come raccontato da Il Giornale poco meno di due mesi fa, hanno dedicato al cibo di strada apposite edizioni.
Che il fenomeno ci fosse lo si era notato, ma adesso a fotografarlo e dargli la dimensione di un vero e proprio boom è arrivata un'indagine di Coldiretti, secondo cui il 73 per cento degli italiani - tre su quattro - nel corso di quest'estate ha comprato il cibo presso i chioschetti.
Non qualunque cibo, però: dal sondaggio condotto online viene fuori che nelle città d'arte come in campagna, in montagna come al mare, i vacanzieri prediligono nettamente il prodotto locale. Meno hotdog, hamburger e kebab (quest'ultimo scelto solo dal 4 per cento dei partecipanti al sondaggio), sostituiti dalle specialità gastronomiche del posto, dall'arancino al cartoccio con la frittura di pesce, dalle olive ascolane al tramezzino. E vale anche per i dolci, dove tra i prediletti vince ancora la tradizione, con i cannoli siciliani e le crostate alla frutta.
Le novità ci sono, ma riguardano soprattutto quegli alimenti che, oltre a fare felice il palato, soddisfano anche l'esigenza di stare in linea e mantenerci sani. Prima di tutto la frutta, quindi: oltre alla classica fettona d'anguria ora si sono diffuse le tagliate di frutta da gustare nel bicchiere mentre si passeggia, oppure i frullati, anche a base di frutti esotici.
A favorire il fenomeno contribuisce la crisi, a causa della quale le presenze in ristoranti, trattorie e pizzerie sono diminuite dell'11 per cento in questa estate 2013.
Ma non è solo un fatto di soldi. Ne è convinto Alessandro Maurilli, giornalista del settore agroalimentare e tra i membri storici dell'associazione «Streetfood», fondata nel 2004 da Alessandro Ricciarini, che sul cibo di strada ci ha scritto addirittura una tesi universitaria.
«Il problema dello street food - spiega Maurilli - è che fino a qualche anno fa veniva considerato di scarsa qualità, molti si chiedevano: “Questi alimenti rispettano le regole sanitarie?“.
La loro associazione ha messo in rete per prima gli operatori del settore di mezza Italia, contrassegnando gli associati con un logo ed elaborando un «decalogo dell'artigiano del gusto», in cui a dominare sono proprio la difesa delle ricette storiche e dei prodotti tipici e il rispetto dell'igiene. «Ci hanno chiamato persino da Israele, per chiederci come sviluppare anche loro un modello di promozione del loro cibo da strada», racconta Maurili. Che analizza: «La crisi ha di certo dato un input, ma credo che la rivalutazione di questo modo di mangiare sia antecedente, dipende da un fattore culturale esploso già prima della crisi».


Insomma, lo street food non è più junk food, mangiare in modo informale (e senza spendere un capitale) è diventato di moda.
twitter @giulianadevivo

Commenti