Un decreto perfetto per fare titolo sui giornali: «Lotta senza quartiere al femminicidio». La realtà, però, non procede per slogan. E non per voler essere cavillatori a tutti i costi. Si inaspriscono (...)
(...) le pene, si introducono le aggravanti - come quella della violenza sulle donne in gravidanza - in un'orgia di proclami che ricorda purtroppo le grida manzoniane. Prima è stato varato lo stalking, ma botte e umiliazioni non sono diminuite. Anzi. E allora via con un altro giro di vite politically correct e si dà il via anche all'arresto obbligatorio in flagranza per i maltrattamenti in famiglia e lo stalking. A parte il fatto che si tratta di due situazioni diverse, ci si chiede: come si farà a beccare sul fatto questi turpi soggetti? Si metteranno telecamere, pure quelle obbligatorie, in casa? O forse, chissà, si pasticcerà sulla flagranza e magari si farà ricorso alla flagranza differita, già sperimentata per i facinorosi da stadio. Il punto è, che comunque la si tiri, la coperta è sempre troppo corta. E questo per un'altra ragione su cui il tanto apprezzato decreto sorvola: il nodo fondamentale non è l'entità della pena, ma la sua certezza. Che dipende, in buona sostanza, dalla lentezza esasperante delle nostre indagini e dei nostri procedimenti. I Pm, che non ne vogliono sapere di toccare quel tabù chiamato obbligatorietà dell'azione penale, sono ingolfati di denunce. Le denunce vengono impilate nei cassetti delle procure, i carabinieri e la polizia fanno quello che possono, le professionalità poi non possono essere improvvisate. Risultato: molti femminicidi, come vengono chiamati oggi gli omicidi di donne, sono preceduti e annunciati da numerosi esposti e querele che prendono la polvere per troppo tempo. E che vengono trattati burocraticamente con la stessa macchinosità riservata a storie molto, molto meno gravi.
La soluzione adottata dal governo è furba, ma sul piano dell'efficacia dovrà essere valutata con attenzione.
E questo non per alimentare il solito benaltrismo all'italiana, ma perché si è deciso di colpire con la scure di misure draconiane tutti quei comportamenti che potrebbero, il condizionale è d'obbligo, suonare come sinistri avvertimenti di un futuro luttuoso. In questo modo lo Stato di diritto viene compresso, ma mettere in cella per un po' di tempo - per quanto poi? - un ex fidanzato o marito che ha minacciato l'ex partner o l'ha insultata pesantemente al telefono non può essere la soluzione dei guai.
L'idea è quella di prevenire, ma la prevenzione dovrebbe abitare altrove. Nelle scuole. Negli studi di psichiatria. Nei consultori. Non nel codice penale. Certo, il reato satellite, il reato spia può offrire indizi, ma il rischio è quello di entrare in una terra di nessuno, popolata da misure cautelari e sentenze contraddittorie.
Non solo: l'idea delle audizioni protette dei testimoni sembra cozzare col buonsenso. Tutti i testimoni a rischio, per qualunque reato, dovrebbero essere protetti. Altrimenti si va avanti per via ordinaria, come è oggi anche per l'omicidio. Invece, in questo modo si creeranno cittadini di serie A, le vittime di stalking, e di serie B, tutti gli altri.
Esattamente come avverrà per il monitoraggio sull'andamento dei processi.
E così al prossimo governo toccherà inventare un altro pacchetto di misure sempre più urlate per placare la frustrazione dell'opinione pubblica.
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