Nino Materi
Benvenuti sull'Intercity Trenitalia Milano-Foggia, categoria Cafè Express. Lo so, ufficialmente, questa categoria non esiste. Ma chi, come il sottoscritto, bazzica la linea ferroviaria, cosiddetta «Adriatica», sa a cosa mi riferisco. Non fatevi ingannare dal nome: la categoria Caffè Express non ha nulla a che vedere con l'offerta di un caffè (magari in abbinata col quotidiano) come accade in prima classe sulla ricca «Frecciarossa». La categoria Caffè Express richiama invece il titolo di un celebre film del 1980 diretto da Nanni Loy e interpretato da un grandissimo Nino Manfredi nel ruolo di Michele Abbagnano, invalido napoletano di mezza età che per sopravvivere e mantenere il figlio quattordicenne in un collegio si improvvisa venditore abusivo di caffè, viaggiando clandestinamente sulla tratta ferroviaria notturna da Vallo della Lucania a Napoli. La figura pateticamente melodrammatica di Michele Abbagnano mi è tornata in mente durante il viaggio che da Milano mi porta a Foggia. Sono a bordo di uno sgangherato Intercity che «sfreccia» sui binari tradizionali della linea «Adriatica» (quella non servita dall'alta velocità). È una tratta che ormai Trenitalia considera più un peso che una risorsa: su questo versante della Penisola viaggiano quelli che non possono permettersi il biglietto del Frecciarossa (che sfreccia - e questa volta senza virgolette - sul versante opposto dello Stivale). Per lo stesso chilometraggio Nord-Sud i Frecciarossa sono competitivi con gli aerei, figuriamoci con i decrepiti Intercity. Insomma, il Frecciarossa sta all'Intercity come una Ferrari sta a una Trabant. Unica motivazione per scegliere l'Intercity è il costo del biglietto che, mediamente, è meno della metà di quello che si spenderebbe per il Frecciarossa. Dal mese scorso però quei sadici di Trenitalia hanno pensato bene di lasciare gli Intercity anche privi di quello straccio di «servizio bar» che consentiva ai dannati dell'«Adriatica» di attraversare il Belpaese compensando l'amarezza di non potersi permettere il Fracciarossa almeno con la dolcezza di gustarsi un caffè nel bicchierino di carta o - proprio per chi non badava a spese - di sfamarsi con un panino formaggio e prosciutto stagionato (cioè risalente a diverse stagioni fa). Tutto questo «ben di dio» gastronomico è però stato abolito dagli Intercity tra le cui carrozze hanno ripreso così a circolare i «Michele Abbagnano» armati di termos con caffè (costo 2 euro a bicchierino) e panini dall'ambigua imbottitura (costo 5 euro); non mancano le bevande (3 euro la bottiglietta d'acqua, 4 euro a barattolo per aranciate e Coca Cola, 5 per la birra Nastro Azzurro). I moderni «Abbagnano» si presentano con un abbigliamento meno pauperistico del loro progenitore ninomanfrediano e, sovente, sono pure poliglotti: Mister, do you wont genuin panin end coffè, bir, mineral woter? Tenkiù very mach.... Le quasi otto ore di viaggio che separano Milano da Foggia sono lunghe, e durante il tragitto gli «Abbagnano» cambiano spesso faccia e campionario alimentare (i prezzi no, quelli sono stabiliti dallo SVAI, Sindacato Venditori Abusivi Intercity). Lo SVAI, ovviamente, non ha nulla a che vedere con i sindacati di categoria Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uil-Uil, Orsa e Ugl che denunciano preoccupati: «Dopo il taglio dei treni, della qualità del materiale rotabile da e per il Sud, Trenitalia taglia anche i servizi a bordo». L'allegro carrozzone sindacale gioca a indignarsi: «Dal primo novembre la ristorazione e la vendita dei prodotti alimentari a bordo dei vagoni non è più prevista sui treni Intercity».
I sindacati ricordano che «la maggiore offerta di Intercity riguarda il Sud ed in particolar modo la direttrice Adriatica» e che quindi «è un altro passo nel discriminare i cittadini/clienti del Sud Italia nel renderli viaggiatori di serie B a tutti gli effetti, obbligandoli, come qualche decennio fa, ad affrontare i viaggi verso il nord con tutto l'occorrente alimentare necessario». Caro Michele Abbagnano, ha mica uno sfilatino con la frittata di cipolle?
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