Inutile rincorrere il tempo: meglio rallentarlo

Il tempo. Non c’è nulla di più tenero di un orologio che cerca di misurare il tempo e perde quotidianamente la propria battaglia. Bello o brutto che sia, raffinato o pacchiano, prezioso o plasticato, elveticamente preciso o dozzinalmente approssimativo, il tenero oggetto se ne faccia una ragione: il tempo resta inafferrabile, soprattutto non misurabile. Il suo scorrere indicato dalle lancette e dal datario muta a seconda di chi lo guarda.
Una giornata a quarant’anni trascorre molto più velocemente che a venti e più lentamente che a ottanta. Così per i minuti, le ore, gli anni. Il giro d’orologio non è sempre di sessanta secondi perché mutano l’orizzonte temporale e il bagaglio d’esperienze accumulate nel periodo considerato. Se oggi ad esempio avete quaranta anni, pensate a che cosa stavate facendo a venti. Vi accorgerete subito che i secondi vent’anni sono volati rispetto ai primi. Questo effetto distorsivo non potrà che continuare e velocizzarsi ancora.
Purtroppo, per far fronte allo scorrere naturale della nostra clessidra, prevalgono due atteggiamenti. Il primo: quello delle persone che il tempo lo rincorrono come fosse un autobus che sfugge sul più bello, tutte costantemente all’inseguimento perché la vita è una, «che diamine!». Persone che tornano a casa con l’agenda, l’iPhone, il blackberry tracimanti impegni rinviati, suonerie tintinnanti e che non riescono quasi mai a fermarsi un istante per osservare veramente negli occhi il figlio, la moglie, il marito o, peggio, il niente che hanno intorno. Per loro, meglio non pensare al tempo che vola, meglio rimandare e scoprire tutto all’ultimo, meglio guardare il quadrante quando l’orologio sarà quasi rotto e «diamine, ma sono passati trent’anni!».
Il secondo atteggiamento è peggiore. È quello di chi il tempo cerca di sgambettarlo ben sapendo che fermarlo è impossibile. Per farlo si veste e traveste e si tinge, silicona e imbotulina cercando di taroccare se stesso perché il tempo, quello no, non si tarocca.


E se invece bastasse rallentarlo? Vivere vintage non è solo addomesticare il progresso; è anche un modo per educare se stessi a rallentare la marcia delle lancette quando più ci fa comodo. Senza correre con i palmari o taroccando con i siliconi. Semplicemente riscoprendo a ritmo lento. Così, giusto perché l’orologio non si rompa troppo presto.

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