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«Io, bistrattato a Roma e osannato a Tokio»

Il medico di Ravenna: «Mi hanno invitato quattro volte e pagato tutte le spese pur di conoscere le mie scoperte. Inizieremo il lavoro a fine anno»

nostro inviato a Ravenna

E così la terapia anti-cancro del medico più bistrattato d'Italia adesso è un affare giapponese. Facciamo finta che sia solo colpa di un pressante invito e non del totale disinteresse dell’Italia verso uno dei tanti buoni cervelli che possiede.
Fatto sta che chi conosce, almeno un poco, il dottor Silvio Buzzi, sa bene che lui, il modesto e restio, neurologo settantasettenne di Ravenna, ha dovuto accettare: è salito su un aereo e, in Giappone, ha spiegato ad un auditorio di medici e ricercatori la sua terapia anticancro. In buona sostanza, una versione pedagogica bis, approfondita e dettagliata, della full immersion che, in maggio, aveva regalato a una delegazione di scienziati nipponici che gli aveva fatto visita a Ravenna. Per ascoltare, per valutare i suoi dati. Per dare, su ordine del governo di Tokio, consapevolmente spazio e credito, a un medico italiano cui da trent'anni, in Italia, sbattono la porta in faccia solo perché ha avuto un'intuizione sorprendente.
Dottor Buzzi, ci racconti come si è arrivati a questa svolta...
«Diciamo che i colleghi giapponesi non mi hanno, in senso affettuoso, naturalmente, dato tregua dopo il nostro incontro a Ravenna. Perché nei mesi di giugno e luglio il professor Mekada, capo del gruppo di ricerca sul Crm 197, scienziato di statura mondiale, mi ha inviato ben quattro inviti a recarmi in Giappone per partecipare a un meeting fra il gruppo di ricerca, che voleva passare dalla sperimentazione animale a quella clinica, e la commissione che avrebbe dovuto giudicare la bontà del progetto ed, eventualmente, finanziarlo».
Motivo di tanta insistenza?
«La ragione di un invito tanto insistente era che la squadra giapponese ha al suo attivo solo un lavoro eseguito sul topo trapiantato con tumori ovarici umani. In quel caso il Crm 197 inoculato a questi animali aveva bloccato totalmente la crescita dei tumori. I dati di questo lavoro sono stati pubblicati nel 2004 su Cancer Research. Ma la Pmda, Pharmaceutical medical devices agency, organizzazione governativa giapponese con la quale il gruppo di ricerca si era già incontrato già tre volte, sosteneva che il passaggio dal topo all'uomo era troppo brusco e consigliava di affrontare altre prove su animali superiori. I colleghi hanno allora parlato della mia sperimentazione clinica in Italia sostenendo che avvalersi della mia esperienza avrebbe accorciato i tempi per sperimentare la nuova terapia».
Quindi volevano arruolarla, perché spiegasse dati e risultati ottenuti...
«Ammetto che ho più volte resistito all'invito preoccupato dalla lunghezza e dall'asperità del viaggio, ma inutilmente. Il 29 agosto la Research foundation for microbial diseases dell'Università di Osaka mi ha inviato una somma a copertura delle mie spese di viaggio e di soggiorno in Giappone. E così, una decina di giorni dopo mi sono trovato intrappolato per 12 ore consecutive nella pancia di un 747...».
E, arrivato in Giappone, che cosa è accaduto?
«La riunione con la Pmda si è svolta in una sede ministeriale il 10 settembre dalle 14 alle 16. Ci siamo ritrovati attorno a un grande tavolo ovale: da un lato 20 giudici anonimi e dall'altro 25 posti per i componenti il gruppo di ricerca. Conoscevo per fama molti dei 23 scienziati giapponesi ma mi sono stupito quando nei due posti centrali ho trovato il mio nome e quello di mia figlia Anna Maria. È stato così che abbiamo scoperto che siamo stati cooptati nel gruppo di ricerca giapponese. Davanti ad un platea attenta e silenziosa ho proposto immagini di pazienti prima e dopo il trattamento. Il dibattito si è protratto per un paio d'ore. A meeting concluso abbiamo appreso dal professor Miyamoto che i membri della commissione gli avevano confidato di essere stati molto colpiti dai nostri risultati e dalla proiezione delle nostre immagini. Ora, visto che il placet è stato ottenuto, penso che la nostra squadra possa iniziare il lavoro entro la fine dell'anno, con l'impegno di tirare le somme entro la fine del 2009».
Perchè in Italia hanno continuato a tenere in scarsa considerazione le sue ricerche?
«Non ho idea, ho meglio un’idea ce l’avrei. Le faccio solo l'ultimo esempio: il Bif, il Bollettino d'informazione dell'Agenzia italiana del farmaco recentemente pubblicato su Internet liquida i dati finora raccolti da noi sulla attività antitumorale del Crm 197 come “incompleti o quasi inesistenti” e tali “da creare illusioni per pazienti oncologici talora anche allo stato terminale”. Mentre gli stessi dati sono stati giudicati “altamente suggestivi” in Giappone dalla Pharmaceutical medical devices agency.

Ma non mi faccia aggiungere altro, la prego».

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