«Io, come Fantozzi e la corazzata Potemkin»

«Io, come Fantozzi e la corazzata Potemkin»

Un amico è uno che ti critica quando pensa che tu abbia sbagliato, non per fregarti ma per farti migliorare. Massimiliano, semplicemente: grazie.
«Attenzione a inseguire l'elettorato di sinistra, perché rischi di perdere il nostro». Ma io non inseguo l'elettorato, solo un'elettrice rognosa, la mia coscienza. Diceva Gladstone che «fra la coscienza e il partito un gentiluomo sceglie sempre il partito». Ma gentiluomini si nasce e io, disgraziatamente, non «lo» nacqui - come direbbe Totò, che invece, lui, «lo» nacque.
Men che meno inseguo la sinistra: qui è in gioco la (bella) fetta del nostro elettorato che pensa due cose. Uno. Si deve tutelare il governo, qualunque governo, dalle incursioni dei magistrati. Subito, con un provvedimento specifico come il cosiddetto «legittimo impedimento» o il lodo che rinvia i giudizi a fine mandato, come avviene in molti paesi. Due. La giustizia italiana è scandalosamente lunga, serve una legge che la renda più rapida e una riorganizzazione che faccia lavorare di più e meglio i magistrati. Una legge che a quel punto non ha bisogno di introdurre una norma che per troncare i processi di Silvio ne estingue migliaia di altri, lasciando senza giustizia le vittime e impuniti i colpevoli.
Esattamente queste due cose ho detto in aula, in quel minuto non facile. Ho ricevuto 2-300 messaggi. Anche da sinistra: «Non voto per voi, ma apprezzo» eccetera. Ma per lo più nostri elettori - molti giovani - o eletti, o coordinatori, a dirmi che anche loro la pensano così.
Ricordate il ragionier Fantozzi quando osa alzarsi e dire che «La Corazzata Potemkin è una boiata pazzesca», ricevendo un'ora di applausi liberatori? Attenti: l'opinione dentro il Pdl non è solo quella ufficiale. E tanto meno ai margini, fra quelli che decidono volta per volta, decidendo spesso anche l'esito delle elezioni.
Si è detto: «Ma nei partiti si dibatte all'interno, e poi ci si allinea». Il monitoraggio delle oltre 3000 votazioni elettroniche misura un mio dissenso del 5%. Mi pare fisiologico se si legge davvero quello che si sta per votare. Ma a parte ciò, quando è stato il dibattito interno su questo tema, che peraltro non è nel programma del governo? Nessuna riunione prima delle votazioni in commissione o in aula. Ho presentato emendamenti e mi è stato chiesto di ritirarli. Che poi Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello, presidente e vice dei senatori Pdl, siano stati con me disponibili, giustamente insistenti ma poi rispettosi del mio dissenso, è un fatto che va a loro personale merito, ma non ha nulla a che fare con l'esistenza di un dibattito.
Due «titoli di coda». Primo: le voci di una mia vicinanza a Di Pietro. È un film già visto con altri attori: Casini, ma persino il Pd. Io sono lontano da Di Pietro, dai metodi e dalla mentalità giustizialista. Se un uomo per bene e intellettuale di valore come Nicolò Scialfa, storico preside del Colombo e oggi del Vittorio Emanuele II, o altri esponenti di quello o altri partiti, o «uomini pubblici» come Gino Paoli, lodano un comportamento che definiscono «da uomo libero» non è cosa di cui né io né soprattutto il mio partito dobbiamo vergognarci.
Secondo: la candidatura a sindaco. Il coordinatore regionale l'ha messa in dubbio, chiedendomi un chiarimento per il quale mi sono già messo a disposizione. Metto a disposizione la candidatura stessa, perché non è mai stata mia, ma del Pdl genovese.

A cui raccomando solo di decidere presto, non perché sto già lavorando per questo - è semplicemente doveroso che lo faccia - ma perché se scegliamo il candidato all'ultimo momento, come fu per me la volta scorsa, poi la corsa è tutta in salita. Non voglio fare il sindaco a tutti i costi. Ma voglio essere fra quelli che eleggono, dopo troppi anni e troppi danni, il primo sindaco non di sinistra.
* senatore Pdl

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