Istat Gli effetti della crisi

Non è sobrietà, ma piuttosto austerità, cinghia tirata. Le famiglie italiane se la sono imposta l’anno scorso come forma coatta di auto-difesa dal valzer frenetico dei rincari e contro il logorio da pressione fiscale. Così, com’era prevedibile, i consumi sono colati a picco. L’Istat, ieri, ha in fondo solo certificato quanto già si sapeva: le vendite al dettaglio sono crollate dell’1,3% rispetto al 2010, un altro anno certo non brillante per lo shopping tricolore. Male anche il dato mensile: in dicembre le vendite hanno accusato una diminuzione dell’1,1%. È il valore più basso da luglio del 2004.
Non si spende per avvenuta riduzione del budget familiare, per cautelarsi rispetto a un futuro con poche certezze, o per paura di perdere il posto di lavoro. Abitudini restrittive che, al pari delle varie manovre salva-conti pubblici, finiscono per contribuire alla decrescita complessiva del Paese. Anche se in Italia la spesa privata non pesa per quasi due terzi sul Pil come negli Stati Uniti, l’effetto sul livello della ricchezza è evidente. E il fenomeno del no shopping sta diventando tanto marcato al punto che soffrono anche realtà commerciali che finora erano state in grado di assorbire i contraccolpi della crisi. La grande distribuzione, per esempio, ha visto calare le vendite del 3,9%, un risultato perfino peggiore di quello dei piccoli negozi (-3,5%). Tengono ancora i discount (+1%), a dimostrazione di come le famiglie tendano ormai a scegliere le superfici distributive dove si riesce ancora a riempire il carrello della spesa senza correre il rischio di non far quadrare i conti a fine mese.
«La riduzione, particolarmente significativa, dei valori e dei volumi acquistati - conferma la Confcommercio - segnala con tutta evidenza non solo lo stato di estrema difficoltà in cui versano i consumi delle famiglie, ma anche come questo ridimensionamento della domanda abbia coinvolto in modo abbastanza diffuso le diverse tipologie distributive». Il Codacons sottolinea invece che il dato diffuso dall’Istat «è la prova evidente di come le famiglie siano stremate», mentre l’Osservatorio nazionale di Federconsumatori considera «fortemente sottostimate» le rilevazione dell’ufficio di statistica. In base ai calcoli dell’associazione dei consumatori nel 2011 le vendite al dettaglio hanno subìto un calo del 2,1-2,2%, con una diminuzione complessiva della spesa di oltre 15 miliardi di euro.
Cosa aspettarsi dal 2012? Nulla di buono.

Lo ha detto, giovedì scorso, un rapporto sull’Italia della Commissione europea sull’Italia. Un rapporto di cui vale la pena ricordare questo passaggio: «I consumi precipiteranno nel 2012, a causa del crollo degli introiti delle famiglie, della disoccupazione e delle misure di consolidamento del 2010-2011».

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