di Giordano Bruno Guerri
Due gemelline sono nate, poche settimane fa, unite attraverso il torace. Hanno un solo cuore e un solo fegato. E due genitori, comprensibilmente disperati, che pendono dalle bocche dei medici specializzati del policlinico di Bologna. Ieri è stato interpellato un comitato etico, ma voglio credere che alla fine saranno proprio quel padre e quella madre a decidere, alla luce del parere tecnico non etico dei medici.
Le possibilità di veder crescere le due piccole, unite, sono pochissime: un cuore solo non può reggere a lungo lo sforzo di pompare sangue in due corpi; nel 2001, a Palermo, due siamesi unite nelle stesso modo non superarono i tre mesi di vita. Daltra parte, i tentativi di separazione con la speranza di tenere entrambi gli individui in vita con un trapianto di cuore e di fegato a una delle due neonate - hanno pochissime probabilità di successo. In Italia non è mai accaduto.
Che fare? Sperare che la natura dimostri maggiore clemenza e lasci crescere le due bambine? È difficile da immaginare. La natura è già stata spietata con loro e come avviene proprio «per natura» cercherà di sopprimerle. E poi i genitori si staranno chiedendo, e noi con loro, se quella sarebbe una vita degna di essere vissuta. Non voglio neanche provare a immaginare lesistenza quotidiana di due esserini così, destinata a essere sempre più infelice a mano a mano che crescono.
Se dunque lunica speranza concreta consiste nel sacrificare una delle bambine, quale scegliere, quale condannare? È un problema drammatico, ma che credo potrebbe essere risolto tecnicamente - mi si perdoni la brutalità della parola dai medici: ci sarà pure una delle due avvantaggiata dalla posizione degli organi, o da altri dati clinici. È lei, quella che si dovrà tentare di salvare.
Perché io, nello strazio, non credo avrei molti dubbi. Meglio sperare in una vita sola, piuttosto che in due, brevi e infelici. Letica, in questi casi, non centra e non deve entrarci. Letica è una faccenda nobilissima, che dobbiamo avere sempre presente, soprattutto se si tratta di vita e di morte. E però, alla fine, letica diventa una questione di lana caprina, un mero esercizio intellettuale, di fronte a casi come questi. Qui occorre decidere se puntare su ununica vita felice o su due brevi vite disgraziate. Se la questione è così, davvero non cè neppure da porsi da domanda.
Soprattutto, però, bisogna sperare che non inizi un dibattito che peserebbe come unaltra apocalisse sulla testa dei genitori su argomenti che riguardano lastrazione, e non la vita reale: delle bimbe e dei genitori. Risparmiamo a quel padre, a quella madre lo strazio di affrontare anche le nostre disquisizioni. E decidano loro, loro soli.
Noi, invece, dobbiamo decidere di impegnarci seriamente politica e società civile - nel sostegno attivo alla ricerca medica, che oggi più che mai dovrebbe essere il campo di maggior interesse comune da sostenere: non soltanto per le patologie più diffuse, ma anche per questi casi disperati quanto disperanti.
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