Il j’accuse di Papa contro i pm di Napoli

RomaDa un’audizione per discutere della richiesta di acquisizione di tabulati telefonici a un documentato j’accuse. Diretto, naturalmente, contro la procura di Napoli che l’estate scorsa, accusandolo di far parte dell’associazione segreta «P4» (poi ritenuta inesistente dalla Cassazione) insieme a Gigi Bisignani, l’ha trascinato dal suo scranno a Montecitorio a una cella di Poggioreale.
Alfonso Papa (nella foto), ieri mattina, ha presentato una memoria alla giunta per le autorizzazioni della Camera, denunciando anomalie e abusi della vicenda che lo ha coinvolto e che lo vede ora sul banco degli imputati. Ricordando, tra l’altro, che nel processo sono rimasti in piedi solo 4 capi d’imputazione dei 26 originari. E denunciando le condizioni di degrado in cui sono costretti a vivere i detenuti. Un resoconto fatto da «privilegiato - spiega - perché queste cose le posso raccontare, mentre in carcere ci sono i sepolti vivi della Repubblica e nel 42 per cento dei casi sono anche in attesa di giudizio». Condizioni che, secondo Papa, non riguarderebbero solo il carcere napoletano di Poggioreale, ma anche il tribunale partenopeo, con «camere d’attesa in cui i detenuti aspettano per ore di assistere alle udienze del riesame - denuncia il parlamentare - di sei metri quadri, alte 1,7 metri e sporche di escrementi e liquami».
Per Papa, lo sfogo in giunta «è servito non tanto a parlare del mio processo, che si svolge a Napoli, ma a far conoscere gli abusi e le anomalie della giustizia italiana: sono tanti i casi-Papa senza nome e volto, io parlo per loro». E allora ecco le «intercettazioni illegali» che sarebbero andate avanti per mesi su utenze telefoniche a lui intestate, violando la legge e le prerogative parlamentari, come pure il sequestro di un suo pc portatile dalla sua assistente parlamentare, senza autorizzazione della Camera. Ed ecco «i verbali di interrogatorio fantasma, senza data e in cui mancano le dichiarazioni dei testi che sono invece riportate nell’ordinanza di arresto», e le intercettazioni ambientali «rubate» durante i colloqui in carcere con i propri difensori, anche qui in aperta violazione con quanto previsto dalla legge.
Insomma, dopo la gogna mediatica e il carcere, il parlamentare del Pdl ed ex magistrato sembra volersi togliere molti sassolini da entrambe le scarpe. E così, per tornare al merito dell’audizione di ieri, Papa ha chiesto il «rigetto della richiesta di autorizzazione all’uso dei tabulati telefonici», relativi proprio all’utenza che lui denuncia essere stata illecitamente intercettata, «come stigmatizzato dal gip, dal tribunale di Napoli e dalla Corte di Cassazione».

La richiesta di prendere possesso di quei contatti telefonici, dunque, secondo il parlamentare indagato a Napoli sarebbe solo un tentativo dei pm partenopei (il cui intento persecutorio nei suoi confronti è «evidente», scrive Papa nella memoria) di «aggiustare le carte» a posteriori.

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