Jacques Maritain e Gino Severini Se filosofia e arte si incontrano

«Arriviamo entrambi alla sera della nostra vita...» scriveva il 21 dicembre 1965 il filosofo Jacques Maritain all’amico pittore Gino Severini. Erano le ultime battute di una intensa corrispondenza durata quarant’anni, dal 1923 al 1966. Il 27 febbraio 1966 Severini moriva, interrompendo il dialogo. Il filosofo lo avrebbe seguito nel 1973. Ora più di duecento lettere raccontano la loro amicizia profonda, tra dure vicende di vita, polemiche, spostamenti tra Francia, Svizzera, Italia, Stati Uniti, e guerra: le possiamo leggerle come un romanzo nel libro Il carteggio. Gino Severini-Jacques Maritain, 1923-1966 (Olschki, pagg. XXX-298, euro 34; a cura di Giulia Radin). Gli argomenti trattati sono tanti, il lavoro, la salute, i dibattiti contemporanei sulla filosofia e l’arte sacra.
Severini conosce Maritain a Parigi proprio nel momento in cui, dopo esperienze futuriste, cubiste e la pubblicazione nel 1921 del saggio Du cubisme au classicisme, affronta l’arte sacra. Reduce da una crisi religiosa, culminata nel 1923 nell’adesione al cattolicesimo, trova in Maritain un interlocutore attento e raffinato. Jacques, nato in una colta famiglia protestante, allievo di Henri Bergson al Collège de France, convertito nel 1906 alla religione cattolica, sta elaborando una nuova estetica sulla base del pensiero di Aristotele e di san Tommaso d’Aquino. Nel 1920 aveva pubblicato Art e Scolastique, un volume di successo anche negli ambienti laici. Il capitolo VIII riguardava l’«Arte Cristiana».
Su quel terreno comune avviene l’incontro spirituale tra il filosofo e il pittore. «Ella mi ha dato con grande semplicità un libro, il suo Art et Scolastique, che mi è infinitamente prezioso. E mi giunge in un momento in cui avverto la necessità di osservare l’arte dal suo stesso punto di vista» scrive Severini a Maritain il 18 settembre 1923 da Nanterre. Il pittore inizia la sua riflessione sull’arte sacra, diventando uno dei protagonisti del suo rinnovamento attraverso la ripresa dell'affresco e del mosaico in chiese francesi e svizzere. Maritain lo segue, aiutandolo economicamente, procurandogli commissioni e discutendo con lui le nuove idee. Così mentre il povero Severini si arrampica nel freddo delle chiese di Semsales e del territorio di Friburgo per realizzare Crocifissioni e Trinità, ammalandosi di polmonite, l’amico lo soccorre, lo ospita, lo sostiene con un pensiero lucido e rigoroso.
A scrivere lunghe pagine accorate, preoccupate, tormentate è il pittore, dietro al quale c’è sempre partecipe la moglie Jeanne Fort e la sua famiglia. Maritain scrive più raramente, coinciso e concreto. Accanto a lui, anche nelle lettere, c’è la bella moglie Raïssa, che Severini tenta di ritrarre, ma senza successo.

Perché, strano a dirsi, il ritratto non piace a Maritain: «Le dico molto semplicemente che ammiro molto il disegno in quanto opera d’arte, ma che mi soddisfa meno come ritratto», scrive Maritain da Meudon al pittore il 26 ottobre 1926. Unico neo nell’opera dell’amico.
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