Jozif Kowalski

Nel gruppo dei centootto martiri polacchi beatificati da Giovanni Paolo II nel 1999 e ricompresi sotto il nome del vescovo di Plock, Anton Julian Nowowiejski, c’è questo Jozif Kowalski, nato nel 1911 e sacerdote salesiano di Cracovia. Fu arrestato dalla Gestapo nel 1941 e deportato nel famigerato lager di Auschwitz, dove venne trucidato dalle guardie l’anno seguente. Aveva trentun anni. Era entrato nella congregazione fondata da s. Giovanni Bosco nel 1927 ed era sacerdote da tre anni appena. Al momento dell’arresto era segretario dell'Ispettoria salesiana di Cracovia. Fu ucciso perché si era rifiutato di calpestare il rosario. Del gruppo dei centootto Beati di cui fa parte (non solo sacerdoti ma anche religiosi, suore e laici) quarantasei morirono a Dachau, quattordici ad Auschwitz e sedici negli altri lager. Prima della guerra i preti diocesani polacchi erano più di diecimila. Quasi un quarto di loro morì nei campi di concentramento. Secondo le testimonianze, i «cani di Roma» (così li chiamavano i nazisti) venivano arrestati solo perché portavano la tonaca. Non chiedevano loro neanche le generalità, richiesta che avveniva dopo, nel lager. Nel 1942 fu offerta ai sacerdoti superstiti la possibilità di un trattamento di favore purché firmassero una dichiarazione in cui si riconoscevano appartenenti alla nazione tedesca. Neanche uno accettò.

Negli ultimi tempi, a qualcuno si arrivò a proporre la libertà a patto di rinunciare all’abito e alla religione. Nessuno, anche in questo caso, acconsentì. La Polonia ha istituito una Giornata della Memoria apposita per il suo clero.

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