Maurizio Cabona
da Cannes
A metà percorso, il Festival di Cannes ha già un ventaglio di quattro verosimili Palme doro nel Vento agita lorzo di Ken Loach, in Volver di Pedro Almodòvar, nei Climi di Nuri Bilge Ceylan e, ieri, nelle Luci del sobborgo (Ruoholati, a Helsinki), scritto, prodotto e diretto da Aki Kaurismaki.
Sono tutti film di registi sfiorati dal massimo riconoscimento di Cannes: il caso più recente è stato proprio quello di Kaurismaki, defraudato nel 2002 per Luomo senza passato a vantaggio del Pianista di Roman Polanski. Il discorso di delusa accettazione del Gran Premio della Giuria da parte di Kaurismaki fu di poche ma significative parole, essenziale: «Ringrazio solo me stesso»!
Prima inquadratura di Luci del sobborgo: Helsinki allalba, due palazzi in vetrocemento, lampioni accesi, rare auto; in sottofondo la suggestiva voce di Carlos Gardel, che - dallArgentina di settantanni fa - intona Volver, con un effetto di straniamento che è la cifra di Kaurismaki: mettere un ritmo australe su sfondo boreale. Ulteriore straniamento: Volver dà il titolo allomonimo film di Almodòvar, dove il motivo echeggia in altra versione.
Coincidenze del genere non sono rare ai Festival: forse una sorta di spirito del tempo orienta certe scelte. Kaurismaki spiega la sua così: «Nel 1956 i miei genitori vanno a un ballo. Danzano un tango cantato da Anniki Tähti. Nove mesi dopo (era ormai il 1957, ndr) nasco io». E aggiunge: «Sono un uomo fuori moda, che crede allamore, alla fratellanza, al lavoro. O meglio: amo la vita, è la vita a non amare me. Se cè un po di felicità nelle mie opere, è perché sono una persona educata». Ecco una sintesi di Kaurismaki su Kaurismaki.
Terza puntata della trilogia aperta dal magnifico Nuvole in viaggio (Festival di Cannes, 1996) e proseguita da Luomo senza passato, Luci del sobborgo riflette questa tenera amarezza. Rispetto ai precedenti film, la comicità triste diventa tristezza comica: ovvero sempre meno Chaplin e sempre più Keaton. Il personaggio principale - ancora un alter ego di Kaurismaki - è una guardia (Janne Hyytiainen) scambiata per un ladro. Gli succede perché sè innamorato di una donna venale (Maria Järvenhelmi), che gli sottrae le chiavi dei forzieri dei gioielli che lui custodisce e li passa a una banda che li ruba, poi lei gli nasconde qualche gioiello in casa, onde farlo arrestare. Dopo aver scontato la pena, la guardia cercherà di punire il ladro, riuscendo solo a farsi punire da loro. Ormai ha perso tutto, anche la speranza, quando una mano sfiora la sua... Ma non si pensi al lieto fine alla maniera americana: le disgrazie prendono unora e un quarto del film, la carezza un secondo.
Ogni biografia è anche unautobiografia e Kaurismaki non ne fa mistero. Solitario che soffre di solitudine, ha un passato di muratore, palombaro e postino. «Questo - dice - è stato il lavoro migliore: consegnata la posta al mattino, potevo andare al cinema».
Hyytiäinen aveva già lavorato per Kaurismaki nellUomo senza passato, ma è al primo ruolo di protagonista; la Järvenhelmi è invece al primo film con lui.
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