Kitsch patinato in salsa spagnola tra moine, equivoci e nozze gay

Cinque signore, cinque madri i cui figli maschi, tra i venticinque e i trenta, stanno per sposarsi, tra loro: questo lo scenario della commedia spagnola Reinas (Regine). Sarà un rito collettivo in cui proprio una delle cinque, il giudice Helena (Mercedes Sampietro) officerà quelle nozze. L’attesa si carica di mille equivoci, alcune contraddizioni e le solite impuntature che precedono un matrimonio. Gli sposi, prima tutte carezze e moine, sono ora sull’orlo di una crisi di nervi. Si tratta di un caso lampante di zapaterismo e almodovarismo trasferiti e pertanto omologati in una commedia di successo. Una pellicola militante più che tollerante, che pretende la totale adesione degli spettatori al nuovo corso, che blinda una maggioranza/maggioranza a vantaggio di una minoranza, maggioranza avviata ad un confutabile stato di fatto, amabile nel suo svolgimento, ricattatorio nelle sue intenzioni. E chi non sta al gioco sembra essere estromesso dalle zone del futuro, ridisegnato con l’arroganza degli integralisti. Film coatto, Reinas, non disdegna venature politiche, uno dei personaggi è un improvvisato sindacalista, eterosessuale s’intende. Naturalmente i personaggi forti sono quelli femminili, madri dolenti, aggressive, ipocrite, prevaricatrici, che impongono ai figli le loro contraddizioni. Se un tempo si rideva di loro (Il vizietto), oggi si ride con loro. In un processo progressista che pretende l’adesione a ciò che la maggioranza/maggioranza non ama. E ciascuno scelga con coscienza da che parte stare.

In uno dei due casi ci si può divertire, le battute fioccano in un gioco ormai privo di allusioni, visto che quello che è fatto è fatto. Il resto è kitsch patinato in salsa spagnola.

REINAS (Spagna, 2005) di Manuel Gomez Pereira con Mercedes Sampietro, Carmen Maura. 105 minuti

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