Kraggerud, il violinista che viene dal freddo

L’artista di Oslo, per la prima volta in Italia, suonerà l’opera 64 di Mendelssohn, un concerto di assoluta presa sul pubblico

Piera Anna Franini

Lassù, compositori, direttori e strumentisti nascono a getto continuo, le sale da concerto non avvertono il calo di pubblico che fiacca l’Europa mediterranea. Le platee, poi, sono straordinariamente sensibili alla musica contemporanea che, del resto, lì trova un terreno sgombro di figure imponenti. Così vanno le cose nei Paesi scandinavi, per decenni o addirittura secoli, hanno vissuto all’ombra - sorta di colonie musicali - degli Stati che musicalmente contavano, il caso quindi di Italia, Francia e Germania.
Scandinavia ora impegnata nella ricerca e tutela di una propria identità: difesa con l’energia e la determinazione tipica delle genti cresciute in ambienti poco ospitali. È nato a Oslo, nel 1973, Henning Kraggerud, lanciato dalla medaglia d’oro all’«Edvard Grieg». Questa sera (ore 20.30), domani (ore 19.30) e domenica (ore 16) sarà all’Auditorium in largo Mahler, ospite dell’Orchestra Sinfonica Verdi con la quale propone il Concerto in mi minore op. 64 di Mendelssohn. Concerto acclimatato dall’Ouverture del Sogno di una notte di mezz’estate, sempre di Mendelssohn, e seguito dal poema sinfonico Le Chant de Nigamon e la Terza sinfonia di Arthur Honegger. Dirige Sthéphane Denève, artista francese, già incontrato a Milano lo scorso ottobre e di nuovo alla testa della Verdi il prossimo aprile per lo Stabat Mater di Rossini. Un tempo assistente di sir Georg Solti e di Seiji Ozawa, il nome Denève vede una scarsa circolazione in Italia mentre ricorre tranquillamente nei cartelloni di in Francia, Gran Bretagna e ultimamente degli Usa. Da tre mesi, Denève è direttore musicale della Royal Scottish national orchestra.
Come è naturale che sia, è decollata nel Nord Europa la carriera di Kraggerud (nel 2004 artista residente al Festival internazionale di Musica di Bergen) ora particolarmente richiesto in casa propria e in Inghilterra. Quello di stasera rappresenta il suo debutto italiano. A Milano si presenta con un Concerto di assoluta presa sul pubblico, l’op. 64 di Mendelssohn contiene infatti gli ingredienti che lo rendono appetibile a interpreti e spettatori, anzitutto l’equilibrio fra piglio brillante e slanci melodici, concerto la cui scorrevolezza è tale da suggerire l’idea di una musica nata di getto, perfetta ancora prima di essere fissata sul pentagramma. Compiutezza della forma e scioltezza che, invece, costarono a Mendelssohn sei anni di lavoro e un lungo travaglio creativo. La serata apre con la freschezza e l’atmosfera incantata dell’Ouverture mendelssohniana, partitura abitata da elfi, fate e spiriti dell’aria. Altra composizione frutto del romanticismo fatato e aereo di Mendelssohn, fatato a partire dall’Ouverture, da quell’apertura a ventaglio con suoni morbidissimi che via via si allargano sembra voler tradurre il dischiudersi di una porta dietro la quale sta il paese delle meraviglie.


Denève, da buon francese, porta a Milano due partiture di non proprio frequente ascolto quali Le Chant de Nigamon e la Terza sinfonia di Honegger, musicista svizzero di formazione e carriera francesi. Il, soggetto de Le Chant si ispira alla storia (tratta da un romanzo di Gustave Aymard) del capo degli irochesi Nigamon che sfugge a una condanna a morte inferta dagli Uroni grazie al suo canto.

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