Dovete farci un monumento.
Lo so: chi si loda, simbroda. Ma, stavolta, ci vuole proprio. Perchè lo straordinario e ricchissimo dibattito sulla cultura che abbiamo lonore di ospitare e che voi lettori state facendo splendido - smontando i vergognosi luoghi comuni che descrivono i moderati come un popolo di amebe pronte ad entusiasmarsi solo per non pagare le tasse o per le visioni televisive di Corona a Garlasco, o di masse popolari che si eccitano solo parlando del fallito scorporo fra Ami e Amt, argomento rispettabilissimo peraltro (Ami-Amt, non Corona!) - ha anche un grande e benefico effetto collaterale. Quello di risparmiarvi articoli sulla candidatura del diessino Tullo alla guida del partito democratico e sulla voglia di controcandidatura del margheritista Monteleone, mentre la Pinotti sta alla finestra e la Vincenzi ci fa un pensierino, dopo che Borzani ha fatto sapere di non essere interessato e Zara si è chiamato fuori pure lui, ma non è esclusa lidea di chiamare un non genovese a guidare il partito: in pole il savonese Lunardon e lo spezzino Orlando. Giuro, non sto scherzando. Dopo lappassionante dibattito sulle primarie del centrosinistra, in questi giorni ho letto paginate su questa roba. E poi si stupiscono se i (loro) giornali perdono copie.
Insomma, la cultura è buona sempre. Ma, di fronte a uninformazione di questo tipo, è doppiamente benefica. Anche perchè parlare di cultura, è parlare di molti temi. Ad esempio, della più gustosa (in ogni senso) delle rivoluzioni culturali copernicane. Finalmente, ci si è resi conto che la gastronomia è una ricchezza, un patrimonio culturale da tutelare come e più dei monumenti, delle coste, dei palazzi. Ben vengano i Rolli e tutti i bollini di patrimonio dellUnesco, ma la foccaccia al formaggio o il polpettone non valgono di meno. E quindi parlare di cultura è anche parlare di gastronomia.
Ora, certo, non occorre esagerare con i talebanismi per cui non si può citare un piatto senza nominare lendiadi «giacimento gastronomico»; non si può mangiare laglio se non è quello di Vessalico, peraltro straordinario, e non si può toccare un piatto se non è un presidio segnalato da Slow Food. Ma, al di là degli eccessi, gastronomia è cultura. Soprattutto in una regione come la nostra, dove la cucina (...)
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