L’analisi Occupazione, nessun crollo Governo e imprese hanno agito bene

Il crollo dell’occupazione in Italia non c’è stato. Si cercano di manipolare i dati ufficiali diffusi dall’Istat, selezionandone alcuni rispetto agli altri e presentando la cifra di 380mila posti di lavoro persi nel 2008 come una immane tragedia. Ma la realtà è ben diversa. Infatti i posti di lavoro persi nel 2009 sono l’1,6 per cento del totale è una parte sostanziale di essi riguarda lavoro autonomo saltuario e lavoro a tempo parziale, non unità di lavoro a tempo pieno. D’altra parte, la disoccupazione in Italia nel 2009 è aumentata sul 2008 dell’1 per cento soltanto sul 2008.
Il che, considerata la gravità della crisi che ha colpito l’economia mondiale, si spiega in parte con il fatto che il sistema di ammortizzatori sociali, messo in atto in modo tempestivo dal governo, con risorse finanziarie più che adeguate, ha ben funzionato. La cassa integrazione ha interessato nel 2009 un milione persone. E, come ha ricordato il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ciò ha generato un effetto positivo sull’occupazione, nonostante la caduta della produzione industriale generata dal calo dell’export. Ora esso è in notevole ripresa, favorito dalla riduzione del tasso di cambio dell’euro e dal fatto che le nostre imprese, fruendo della cassa integrazione per i lavoratori in eccesso, non li hanno licenziati. E ora sono in grado di ripartire sui mercati internazionali e di contrastare la concorrenza estera, sul lato delle importazioni, con la pienezza della loro struttura produttiva. Dunque il governo ha agito bene e le imprese hanno reagito alla cattiva congiuntura con un coraggio e un impegno che meritano di essere elogiati. Il quadro, pertanto, non è pessimistico, come si vorrebbe far credere. E per rendersene conto conviene dare uno sguardo fuori di casa, per confrontare la nostra situazione con quella degli altri Paesi confrontabili con noi. In Spagna la disoccupazione sta raggiungendo il 20 per cento. Da noi essa è attorno all’8,5 per cento. Il governo spagnolo è, notoriamente, progressista: al suo vertice c’è Josè Zapatero, che si vantava di avere superato l’Italia nel prodotto per abitante. Ma le sue politiche imprudenti non hanno funzionato, ed evidentemente la ricetta progressista zapateriana ha funzionato molto peggio, dal punto di vista dell’occupazione di quella adottata da Silvio Berlusconi con Giulio Tremonti all’economia e Sacconi al welfare. Un altro confronto lo si può fare con gli Stati Uniti ove la disoccupazione che, prima della crisi era al 5%, ora è al 9,5 per cento. Anche negli Usa il governo è progressista: è guidato da Barack Obama, la cui ricetta, molto dispendiosa, per combattere la crisi, ha portato il deficit di bilancio attorno al 10 per cento con una disoccupazione del 4,5 in più del livello precedente. Ma non solo il quadro globale è diverso da quello che si cerca di propagandare. Ci sono tre altri fatti che smentiscono la retorica corrente. Innanzitutto non è vero che sono state colpite di più le fasce deboli. Infatti, sul calo totale degli occupati è stata più colpita l’occupazione maschile con una diminuzione del 2% rispetto alla media 2008 rispetto a quella femminile che è scesa dell’1,1%. Inoltre, una parte della riduzione di posti di lavoro ufficiali ha dato luogo alla crescita di quelli dell’economia sommersa. Infatti, nonostante la flessione del Pil del Sud non sia maggiore di quella del Centro-Nord, il calo dell’occupazione si concentra nel Mezzogiorno ove ha raggiunto il 3%, mentre nel Nord industriale è stato solo dell 1,3% e non si è quasi avvertito al Centro ove è risultato dello 0,5%, pari a 25mila unità in meno. Ma il dato più eclatante è un altro, di cui non si parla. Il risultato negativo dell’occupazione totale è una media che tiene conto della riduzione molto accentuata della componente italiana (-527mila unità), controbilanciata dalla crescita di quella straniera di ben 147mila unità, di cui 61mila uomini e 86mila donne. Ciò dimostra due cose. Innanzitutto che molti italiani, donne e uomini, non accettano posti di lavoro a loro non graditi, perché non sono stretti da una necessità così grande e, specie nel Mezzogiorno, in quanto fanno un lavoro non ufficiale, che è per loro più conveniente. Inoltre, questi dati mostrano che noi non abbiamo bisogno di così tanti immigrati come si vocifera. Anzi, una parte degli immigrati genera disoccupazione degli italiani.

E ne consegue che chi accusa gli italiani di razzismo dovrebbe anche riflettere sul fatto che la disoccupazione degli italiani dipende in parte dall’ampia immigrazione di stranieri.
Si può definire razzista una nazione in cui mentre mezzo milione di suoi cittadini perdono il posto e ben 150mila cittadini di altre nazioni lo trovano?

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