da Milano
La furia di Katrina rischia di fare «deragliare» leconomia americana almeno fino a Natale. Nelle stesse ore in cui lOpec studiava le contromisure per contenere il caro-petrolio (quasi 71 dollari il massimo toccato nei giorni scorsi a New York), è stato John Snow a tracciare un quadro dei danni causati dalluragano sul Golfo del Messico. Il Pil americano ne risentirà «più o meno per un trimestre», ha stimato ieri il segretario del Tesoro Usa esprimendo peraltro fiducia sulle capacità di ripresa dellarea e sugli sforzi in atto per contenere il deficit presente Oltreoceano.
Un quadro di luci e ombre per leconomia americana (più 3,3% annuo nel secondo trimestre) che il Fondo Monetario Internazionale ha esteso a livello mondiale: le nuove stime saranno diffuse a fine mese ma secondo il quadro emerso ad aprile lespansione globale scivolerà questanno al 4,3% rispetto al 5,1% del 2004. Lincognita continua a essere rappresentato dalloro nero, anche se alla fine lobiettivo prefissato per dicembre di un progresso delleconomia superiore al 4% dovrebbe essere rispettato, ha detto il direttore generale del Fmi, Rodrigo Rato.
Luragano Katrina, infatti, ha colpito una delle zone nevralgiche della produzione Usa tanto che un esperto del settore come lex presidente dellEni, Franco Bernabè, ha detto che lo scenario è cambiato. Se la possibilità che le quotazioni del petrolio tornino sui livelli di inizio 2004 appare poco più di un miraggio, un segnale di fiducia è stato lanciato dai signori del petrolio. LOpec - ha detto il presidente del Cartello nonchè ministro dellenergia del Kuwait, Ahmad Fahd al-Sabah - sta consultando i propri membri «per identificare misure supplementari» che saranno discusse in occasione della conferenza in calendario il 19 e il 20 settembre a Vienna. Aiuti che andrebbero a sommarsi alle offerte di forniture supplementari già promesse dai Paesi che hanno un eccesso di capacità produttiva, ha spiegato lo stesso Opec in una nota specificando di aver già preso contatto con gli Stati Uniti e lAie. Proprio dai 26 Stati aderenti allAgenzia Internazionale dellEnergia creata dallOcse nel 1974, è giunto un contributo di 2 milioni di barili al giorno. Visto il timore che si presenti una crisi energetica mondiale, il provvedimento dellAie si protrarrà per un mese, salvo anticipare una prima verifica già tra due settimane.
In campo il Giappone che, come il Canada e la Svizzera, metterà mano alle proprie riserve strategiche così come era accaduto nel 1991 durante la Guerra del Golfo. «Siamo pronti a fare la nostra parte» ha detto il primo ministro canadese Paul Martin precisando che saranno aumentate le esportazioni verso gli Usa. Aiuti sostenuti all«unanimità» dallAie che vedrà un contributo diretto di Francia (92mila barili al giorno), Spagna (70mila), Gran Bretagna e Corea del Sud (96mila). Dal Portogallo arriva, invece, la disponibilità a offrire il 2% delle proprie riserve (stimate in 500mila barili), cui si aggiunge il contributo di Germania, Stati Uniti (30 milioni) e dellItalia.
A rendere più incerto il quadro intervengono però sia lo stop alle esportazioni dal nord dellIrak dovute al sabotaggio di un oleodotto nella regione sia gli interrogativi degli analisti su un eventuale cambio di rotta della politica monetaria della Federal Reserve.
Leconomia Usa non si riprenderà prima di Natale
Impietosa analisi del ministro Snow. Si rischia una crisi mondiale del petrolio: Opec e Aie pronte a misure straordinarie
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