«Dio è amore», la Chiesa non disprezza leros, la carità e laiuto al prossimo non sono unattività collaterale ma appartengono allessenza del cristianesimo. E chi se lo aspettava che Papa Ratzinger dedicasse la sua prima enciclica a questi temi? Lui, presentato dai media internazionali come il grande «inquisitore», il Papa che ha tuonato contro il relativismo, durante le vacanze a Castelgandolfo ha «partorito» unenciclica che non contiene divieti, elenchi di norme da seguire o apocalittici scenari sul disfacimento morale dellOccidente secolarizzato, ma che intona, invece, un inno allamore offerto e ricevuto.
Da notare, nella prima pagina, una citazione significativa: «Allinizio dellessere cristiano non cè una decisione etica o una grande idea, bensì lincontro con un avvenimento, con una Persona...». Riecheggia qui per la prima volta in un documento così autorevole del magistero, lintuizione più ripetuta con identiche parole da Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e liberazione scomparso un anno fa, del quale Joseph Ratzinger celebrò le esequie nel Duomo di Milano.
La ragione dinteresse di questa enciclica ha affermato ieri don Massimo Camisasca, superiore Fraternità Sacerdotale San Carlo Borromeo - «sta nella ripresa del dibattito sul rapporto tra lamore e il desiderio. Luomo contemporaneo sente profondamente come propria lesperienza del desiderio, ne è squassato, ne ha paura. Da una parte vuole limitare i propri desideri, vuole censurarli, dallaltra ne è schiavo. Ecco allora la proposta di straordinario realismo del Papa: non la cancellazione delleros, ma la sua conversione, la sua trascrizione dentro il cammino circolare tra eros e agape».
Ma anche nella seconda parte della lettera papale troviamo, talvolta appena accennate o sussurrate, indicazioni precise di grande valenza. Basti pensare al passo nel quale Benedetto XVI spiega: «La carità non deve essere un mezzo in funzione di ciò che oggi viene indicato come proselitismo. Lamore è gratuito; non viene esercitato per raggiungere altri scopi». Affermazione importante, anche per i rapporti ecumenici. «Ma questo non significa continua subito dopo il Papa che lazione caritativa debba, per così dire, lasciare Dio e Cristo da parte... Chi esercita la carità in nome della Chiesa non cercherà mai di imporre agli altri la fede della Chiesa. Egli sa che lamore nella sua purezza e nella sua gratuità è la miglior testimonianza del Dio nel quale crediamo e dal quale siamo spinti ad amare. Il cristiano sa quando è tempo di parlare di Dio e quando è giusto tacere di Lui e lasciar parlare solamente lamore. Egli sa che Dio è amore e si rende presente proprio nei momenti in cui nientaltro viene fatto fuorché amare».
Latteggiamento suggerito a chi partecipa alle attività caritative è lopposto di quello della «reconquista». Chi opera nella carità, «non assume una posizione di superiorità di fronte allaltro, per quanto misera possa essere sul momento la sua situazione.
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