L’entroterra va difeso dagli sprechi fuori dal Comune

L’entroterra va difeso dagli sprechi  fuori dal Comune

(...) capace di guidare personalmente gli spalaneve - siamo stati in prima linea per l’abolizione delle Province e, anzi, ci chiediamo come mai ne vengano soppresse solo alcune e non tutte. Ad esempio, in Liguria resterebbe solo Genova: che senso ha una Regione con una sola Provincia? Nessuna, secondo me.
Al netto della demagogia - ad esempio, riconosciamo l’importanza che hanno avuto le Comunità e altre formazioni sovracomunali come sedi di aggregazione per centri altrimenti destinati allo spopolamento - siamo stati in prima linea per l’abolizione delle Comunità Montane. Soprattutto di quelle che radunavano Comuni che la montagna la vedevano solo in cartolina. Leggendari, a questo proposito, gli articoli di Gian Antonio Stella e Marco Rizzo sulle Comunità pugliesi di cui facevano parte solo Comuni che, al massimo, potevano vantare vette di sedici metri sul livello del mare. Problema che si manifestava anche in Liguria. Con un’attenuante, però: la conformazione orografica del nostro territorio è tale che ci sono Comuni, penso a Sori, ma ce ne sono moltissimi, che sono sì bagnati dal mare, ma che contemporaneamente hanno nel proprio territorio zone e frazioni collinari molto alte, ai limiti della definizione di «montagna».
Al netto della demagogia, però, occorre avere il coraggio di dire che, nella cancellazione dei Comuni, non tutto è buono. E che il colpo di spugna su tantissime «poltrone» dei consigli comunali, in qualche caso rischia di essere più fumo che arrosto. È chiaro che la moltiplicazione dei posti in politica non è cosa nè buona, nè giusta. Ma bisogna anche dire, con altrettanta franchezza, che centinaia e centinaia di consiglieri comunali di piccoli Comuni costano come due o tre parlamentari, magari di quelli eletti con le liste bloccate e magari di quelli che tradiscono il mandato degli elettori, in una sorta di «prendi i voti e scappa».
E, quindi, se davvero si vuole intervenire sui costi della politica, magari sarebbe meglio lavorare sul dimezzamento dei parlamentari. Cosa che, peraltro, il centrodestra aveva già fatto, ma che fu bocciata (insieme ad altre) nel referendum costituzionale voluto dal centrosinistra contro il nuovo impianto istituzionale voluto da Lega e Pdl. Ribadiamo: referendum voluto dalla sinistra e liberamente votato dai cittadini, anche approfittando della circostanza che per il referendum costituzionale non serve il quorum. Molti dei votanti di allora, certamente, sono gli stessi che oggi si lamentano perché i parlamentari sono troppi. Geniale.
Oppure, basterebbe evitare che ci fossero vitalizi (che vengono fatti passare per diritti acquisiti, ma spesso tali non sono, visto che non corrispondono a contributi effettivamente versati) a deputati e senatori che hanno fatto un solo giorno di mandato, magari senza mai mettere piede in Parlamento. O che gente che ha passato la propria vita fra Palazzo Madama e Montecitorio (ma basta anche la Regione) avesse un premio, magari a cinque o sei zeri, per il «reinserimento nella società». Reinserimento de che? Ma via, siamo seri.
Basterebbe anche che i ristoranti di Camera e Senato avessero prezzi non dico di mercato, ma nemmeno da mensa dei poveri. Oppure, basterebbe che i parlamentari venissero retribuiti sulla base delle presenze. Così si eviterebbero scene come quella del 17 agosto, quando a Palazzo Madama sedevano solo undici senatori e un sottosegretario. E, fra questi, nemmeno un ligure. È verissimo che si trattava solo di una seduta per comunicare la presentazione di un decreto legge, espressamente prevista dalla Costituzione, ma assolutamente ininfluente ai fini del contenuto dello stesso decreto. Ma è anche vero che, finché non cambia la Costituzione, quella è una seduta solenne e non si vede perché un senatore - espressamente (e lautamente) pagato per esserci - debba fregarsene. Poi, magari, sono gli stessi che trattano la Suprema Carta come un totem e si indignano quando qualcuno pensa di cambiare anche solo un articolo assolutamente periferico o di toccare una virgola.
Ecco, per la scena degli undici presenti su 321 senatori (315 elettivi, più quelli a vita), io leverei una quota dello stipendio - regolarmente pagato da tutti noi anche per agosto - agli altri 310 assenti. Potete stare certi che, anche solo con una parte di quella cifra, un bel po’ di Comuni potrebbero vivere tranquillamente per decenni. Non si chiede moltissimo a un parlamentare e con il Porcellum, addirittura, non gli si chiede di prendere i voti. Quindi, sarebbe gradito un minimo di impegno per garantire la propria presenza.
Ma torniamo ai piccoli Comuni. È vero che spariranno consigli comunali, sedi e uffici ed è verissimo che (fortunatamente) sopravvivrà almeno la figura del sindaco. Ma è anche vero che, spessissimo, gli sprechi sono altrove. E non hanno nulla a che vedere con i piccoli Comuni. Penso a decine e decine di amministrazioni dove sindaci e consiglieri devolvono interamente le proprie indennità alle casse comunali. E penso a centri dove un consigliere comunale prende 17 euro lordi a seduta e le sedute spesso sono due all’anno.
È giustissimo, sacrosanto, che ci siano le unioni di Comuni e che - dimenticando i campanili - i municipi si consorzino per gestire i segretari comunali, i vigili, la raccolta dell’immondizia e una serie di servizi, in modo che il personale non sia la maggiore voce di costo.
Ma è altrettanto sacrosanto ricordare che, spesso, i Comuni sono l’unico contatto della politica con il cittadino, l’unico che ascolta le sue istanze, l’unico con cui può dialogare. E, allora, aboliamo le Province, al limite anche le Regioni, dimezziamo i parlamentari, ma salvaguardiamo la nostra storia. Evitando gli sprechi e i doppioni, naturalmente. Ma evitando anche la demagogia.
Ribadisco: i costi della politica sono altri. E, spesso, non sono nemmeno quelli degli eletti, ma quelli di un mondo di privilegi che ruota attorno agli eletti. Cominciamo da lì, dalle scorte, dalle auto blu, dai vitalizi e dalle buonuscite a gente che versa dieci e prende cento (perché qui sta il punto, non è vero che i vitalizi sono il corrispettivo di quanto versato). Dalle pensioni e dai trattamenti dorati elargiti anche a ex giudici costituzionali o ex giudici tout court, di cui ci siamo occupati ampiamente presentando qui a Genova Sanguisughe del nostro amico ed ex direttore Mario Giordano.
Soprattutto, pensando alla Liguria, ma anche solo alla Provincia di Genova, evitiamo di cancellare i presidi che tutelano l’entroterra. Vale a Imperia, vale nel Savonese, vale nella provincia della Spezia. E vale nelle nostre valli: pensate che, in Val Trebbia, da Torriglia in su verrebbero cancellati tutti i Comuni. Il che non può essere, visto che dai confini di Gorreto al centro di Torriglia ci sono decine e decine di chilometri di curve e in alcune stagioni parecchie frazioni sono isolate. Considerando che una buona parte della popolazione è anziana, come è possibile pensare di privare tanta gente del contatto con un presidio istituzionale? Lo stesso sindaco «beneficiario», quello di Torriglia, ha già fatto sapere che lui probabilmente non ce la farebbe a gestire gli abitanti e i territori che gli arriverebbero.
Oppure, pensate al Basso Piemonte, territorio che ci interessa moltissimo per almeno un paio di motivi. Nella provincia di Alessandria, anche nella toponomastica, con tutti quei Comuni che si chiamano «Ligure», l’aria genovese è totale e la storia non si cancella con un tratto di matita. E poi, ad abundantiam, nelle zone «mandrogne» è distribuita anche la nostra edizione del Giornale. Insomma, in tutti quei territori ci sono decine e decine di Comuni che verrebbero cancellati da un giorno all’altro. Ma io mi chiedo: qualcuno è mai stato in quelle zone? Qualcuno ha mai visto quanto sono estesi e come, già oggi, fra una frazione e l’altra, ci siano decine di chilometri? Ma ci rendiamo conto che allontanare l’istituzione Comune è un modo perfetto per favorire lo spopolamento di montagne ed entroterra?
Poi, magari, domani, tutti insieme, approviamo una legge bipartisan per favorire il ripopolamento dell’entroterra, dei piccoli Comuni e della montagna. Di nuovo: serve serietà.

Come abbiamo spiegato sul Giornale nei giorni scorsi, gli accorpamenti dei Comuni (non quelli dei servizi, dagli scuolabus ai vigili, indispensabili) farebbero risparmiare in tutto 6 milioni di euro. Il costo di undici deputati e il 5 per cento di quanto lo Stato eroga ogni anno in vitalizi per i parlamentari. Detto tutto.

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