L’esame di maturità a «tarallucci e vino»

Caro Granzotto, sono rimasto interdetto dalla “lettera” di un docente, preoccupato dello stress dei maturandi per le tre prove scritte consecutive dei prossimi esami di maturità. Si sottolinea la necessità di «raccogliere energie e idee» ma se le une e le altre (soprattutto le seconde) non si sono raccolte e maturate nel corso degli studi non fioriranno miracolosamente durante le prove scritte. Tanto vale per le conoscenze acquisite e le capacità maturate. Se sono maturate che serve aspettare? Se l’esame di maturità è una delle prime «prove serie della vita», pur convenendo che non debba essere una prova di sopravvivenza, non si invochino subito i pannicelli caldi e si lascino stare le motivazioni di «significativa occasione di comunicazione». Se la prova è di… maturità credo sia un bene per i candidati impegnarsi seriamente. Ho conseguito la maturità classica nel 1949 e le prove scritte erano quattro e consecutive. Al professore ricordo la sequenza: tema di italiano, versione dal latino in italiano, versione dall’italiano in latino, versione dal greco e siamo tutti sopravvissuti. In Francia, per il baccalaureato sono previsti due scritti nello stesso giorno. Non entro infine nel merito della cosiddetta terza prova; in realtà un test costruito ad usum delphini, così come si potrebbe a lungo discutere di una prova che concludendosi con una percentuale di promossi veramente bulgara, al di sopra del 95%, dovrebbe lasciare qualche dubbio sulla validità della stessa certificazione che, sul piano istituzionale, è autoreferenziale. È la scuola che dice a se stessa: quanto sono brava. Abolire la validità legale del titolo di studio, già chiesta da Einaudi in tempi non sospetti, lasciando all’Università l’onere di vagliare la preparazione delle matricole, potrebbe essere una delle soluzioni.


Finale Ligure (Savona)

Avvelenata dalla demagogia, strangolata dalla sociologia, la scuola non c’è più, caro Finocchiaro. È altra cosa. È ricreazione, è teatro della supremazia dell’ultimo sul primo, trionfo dell’egualitarismo sulla meritocrazia, apoteosi del ciuccio. Altro che stress. Quando la percentuale dei promossi sfiora il cento per cento, che tensione, che nervosismo vuole che serpeggi, prima dell’esame? Per non dire dei ricorsi al Tar (tutti favorevoli all’alunno) e degli interventi della «dottoressa» o del «dottore». Ho ricevuto una lettera con la quale un docente denuncia una pratica in uso nelle nostre scuole: la promozione solidale. Glie la trascrivo e mi raccomando, la legga bene. «“Non siamo qui per chiedere la promozione, ma la comprensione”. È il colpo di teatro, la frase a effetto. L’alunno non è colpevole. Il quadro diagnostico, le problematiche sulla sua persona, i disturbi della crescita psicologica, le difficoltà affettive, i ritardi comportamentali, la progettualità cognitiva compromessa, tutto chiaro. Chi ha parlato è un nuovo membro del consiglio di classe. È un convitato di pietra... che pesa, e come. Lo psicologo o la psicologa. La o il salvatore. Hai voglia a spiegare che l’alunno ha studiato poco, anzi nulla e quindi poco o nulla ha imparato. Hai voglia a far presente che c’è stato un anno di lezioni, prove di verifica, colloqui tra gli insegnanti e i genitori, nonché attività di recupero e consolidamento sulle carenze. No, il salvatore, l’esperto in parole, sentenzia che il caso è disperato. Il ragazzo va «capito», va aiutato. Ovvero promosso. Poco conta se l’anno prossimo avrà ulteriori problemi e quindi, senza le basi, gli sarà impossibile imparare alcunché. Non importa se la società ripeterà: «La scuola non insegna niente». Per questa volta facciamola finire a tarallucci e vino, cioè a certificati medici sostitutivi di quelli culturali.

E allora, cari genitori, se non volete far ripetere la classe ai vostri figli affidatevi a uno psicologo. È vero, il suo certificato potrà costare un po’, ma di sicuro molto meno di tante ripetizioni. E poi funziona!». Che ne dice, caro Finocchiaro?
Paolo Granzotto

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