«L’industria genovese manca di progetti e amore per il rischio»

«L’industria genovese manca di progetti e amore per il rischio»

(...) un giocatore, non m'interessa alcuna forma di gioco e non parlo in questo senso, ma qualsiasi intrapresa prevede rischi. Invece a Genova si muovono quando sono sicuri di avere tutti i finanziamenti del caso. Questa città esprime lo star tranquilli, il gestire ciò che ti hanno lasciato».
I valori sono la stella polare che guida le nostre scelte. Integrità, tenacia, impegno, quale di questi valori è più importante per l'Impresa?
«Indispensabili tutti e tre: sono alla base di un successo imprenditoriale che duri nel tempo. Chi intraprende deve pensare all'etica come base del suo lavoro. È come il controllo della qualità: o ce l'hai e lo senti, o è un'altra cosa».
«Se io vinco, vinci tu», uno dei leit-motiv del carismatico libro Leader di te stesso di Roberto Re, come si applica all'Impresa?
«Se vince la mia Impresa vincono tutti. L'Impresa è dell'Impresa, è sempre di tutti, distinta dalla tua persona. Vince la squadra e il vincitore vero è l'Impresa che cresce, sviluppa, porta avanti un valore per tutti».
Crede al ritorno d'immagine quando l'Impresa sponsorizza qualcosa di utile alla comunità?
«No se sponsorizzare significa dare soldi a pioggia, dispersi in mille rivoli. Sì, ad esempio, per sostenere la cultura. Le racconto un fatto. A Bobbio da dove vengo, nell'Abbazia di San Colombano mancava una statua del Santo. Don Mario Poggi, il parroco, mi domandò se volevo contribuire a donarla e me ne feci carico in prima persona».
La statua in bronzo dello scultore piacentino Giorgio Grotti, dedicata alla memoria dei genitori di Malcalza, ora c'è, entrando in Abbazia in fondo alla navata destra davanti alla Cappella Monticelli. Bellissima, con le vesti del Santo Irlandese, pellegrino in Europa per evangelizzarla che sembrano mosse dal vento di Dio. La sua storia umana parte da Bobbio, cuore di Valtrebbia, e d'imprenditore da Piacenza. Nell'Industria riscontra differenze tra Genova e Piacenza?
«A Piacenza c'è più voglia d'intraprendere, forse perché il piacentino respira aria di confine, però è molto simile al ligure, è diverso caratterialmente dal parmense e dal reggiano. Piacenza gravita su Milano e ha un po' della mentalità ligure».
Le origini sono importanti per i valori che ci guidano nella vita e talora sono trasmessi dall'esperienza, più spesso da una persona. Ricorda qualcuno importante in questo senso?
«Ricordo un bobbiese, l'ingegner Tullo Galliani, e ricordo un cugino di Milano, Peppino Perelli che, quando persi prematuramente mio padre, m'insegnò tanto in poco tempo. Ricordo soprattutto, mio padre, costruttore di strade. Nella mia vita ho fatto tante cose fin da ragazzo quando sembravo un po’ svogliato, durante il liceo e prima di laurearmi in ingegneria.

Una volta per l'Aeronautica posizionai un cavo alimentatore dalla vetta del Monte Penice (che domina Bobbio) fino alla stazione RAI ubicata poco sotto. Chiesi a mio padre uno scavatore, mi rispose: “Arrangiati!”. Mi arrangiai. Quando poi vide il lavoro finito, disse: “Non sembra, ma è più in gamba di quel che sembra”».

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