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L’Inter a caccia degli errori Mancini: «Provo a rimediare»

Ze Maria e Favalli punti deboli, la strategìa del tecnico va migliorata. Adriano? Più umiltà

Riccardo Signori

Un occhio al passato: nel campionato scorso l’Inter subì tre gol solo due volte (in ottobre, a Roma, contro la Roma e in novembre a Cagliari), ma in entrambi i casi non ci rimise le penne: furono almeno pareggi. Un occhio al presente: l’Inter ha subito tre reti a Palermo, rischiando di incassarne otto. E chissà se basterà a medicare la ferita, la paciosa filosofia di Julio Cesar che, suo malgrado, si è trovato nella penosa situazione. «Meglio perdere ora e crescere come squadra per non sbagliare più dopo».
Un occhio al futuro: l’Inter ha almeno tre problemi, e se non li risolve subito torna la squadra dei palloni sgonfiati. Il primo è la classica spina nel fianco: i terzini laterali non reggono. Se durano loro (in squadra) non dura l’Inter. Ze Maria non è mai stato un gran difensore. L’anno passato, Favalli aveva già fatto intuire le difficoltà ad affrontare qualunque animale (calcistico) da corsa: strategicamente ci sa fare, ma gli altri passano come Tir. E l’Inter sulle fasce (anche quando c’è Javier Zanetti) soffre pene infernali. Domani, in Champions, tornerà Samuel: una garanzia in più, soprattutto se Cordoba si sposterà sul lato. Non l’ideale, ma almeno un rappezzo.
Il secondo problema riguarda le teste dei giocatori. Serve capacità di sacrificarsi nel nome della squadra e non del proprio ego. A Palermo l’impressione scricchiolava. Adriano dovrebbe capirlo prima degli altri, soprattutto quando i riflessi sono svaniti nelle fatiche delle ultime partite. Mancini ha dato una seconda interpretazione alle parole del giorno prima. Aveva detto: «Se lasciavo fuori Adriano e perdevamo, succedeva il finimondo. Però la prossima volta lo faccio succedere». E tutti hanno ricordato quella panchina contestata nel derby. Ieri ha aggiunto: «Noi stiamo attenti alla gestione di Adriano, ma deve stare attento anche il Brasile». Cicchetto a Parreira, per dire: lo usi solo quando serve. Intanto a Bratislava potrebbe stare in panchina. Mentre Figo e Stankovic giocheranno.
Ma qui si inseriscono usi, costumi e strategie del tecnico che, anche stavolta, ha messo troppo tempo nel cambiare la squadra e nel trovare contromisure al gioco di Del Neri, che tutti conoscono: gran correre sulle fasce laterali e pressing. Mancini si è lasciato guidare dalla fiducia nella squadra, piuttosto che dal realismo. E l’Inter ha sbagliato tattica e preso l’imbarcata.
L’allenatore si è preso le colpe e ieri ha ribadito il concetto, promettendo di prendere appunti e rimediare. Anche l’anno passato cominciò sbagliando molto, era pensabile che quest’anno non ci ricascasse. Così non è stato. «Ma tutti possono sbagliare. Essere sempre perfetti può essere noioso», si è difeso ai microfoni di Inter Channel, cercando di allungare un sorriso, prima di concedersi alle promesse. «Abbiamo sbagliato, ma c’è tempo per rimediare e ripartire. Il Palermo ha vinto con merito: gli è andato tutto bene. A noi tutto storto. Sul secondo gol ci siamo proprio addormentati: da tempo non ci capitava di prendere una rete su palla inattiva». Facendo di conto: dalle sfide di Champions con il Milan. «La coppia Veron-Pizarro non è andata male. Abbiamo commesso troppi errori nella gestione della palla. Però, fra tante negatività, ho visto un aspetto positivo: anche sul 3-0 la squadra non ha perso la testa, non è diventata isterica, ha cercato di giocare». Tesi che ha dovuto spiegare pure a Moratti. E il patron ha dovuto allinearsi all’ultima tesi nerazzurra: «Sdrammatizzare».

Con un consiglio: tornare a vincere presto.

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