La sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ci manda un chiaro messaggio: la cultura della tradizione cristiana deve uscire dalla scuola. È un messaggio, prima di tutto, al Ministro dell'Istruzione, che sa ora di doversi affrettare a riscrivere i programmi di studio dei nostri ragazzi. Sì, perché il gesto con cui si vuole impedire al crocifisso di entrare nelle classi italiane lascia inevitabilmente fuori dalla porta anche il pensiero e l'arte che sul crocifisso, e sui valori che esso trasmette, si fondano. Quindi, Ministro Gelmini, aggiorni i programmi della nostra scuola: via Manzoni, via Dante, e con loro anche Sant'Agostino, Erasmo da Rotterdam e Thomas More. Tutto questo, ovviamente, in nome della laicità dello Stato: quella laicità nel cui stesso nome, forse vale la pena ricordarlo, è stato impedito al teologo Joseph Ratzinger, prima ancora che al Sommo Pontefice, di tenere una lezione all'Università «La Sapienza» le cui porte, ancora nel recente passato, sono state spalancate di fronte a terroristi ed ex galeotti.
Mi domando, da sincero liberale, se i nostri padri costituenti, nello scrivere la Carta fondante della Repubblica, avessero davvero in mente questa idea di laicità. E, soprattutto, mi domando se uno Stato, per essere considerato laico, debba rinunciare a quella che è la cultura della propria tradizione. Il crocifisso è un simbolo del tutto inoffensivo, dal momento che mai, nel nome di Cristo, si è pensato di dar vita a lotte di fazione. O, meglio, è accaduto che, scelleratamente, si sia abusato della benedizione di Dio per santificare guerre che sono ancora oggi motivo di dolore per i fedeli autentici, ma - seppur a distanza di secoli - la Chiesa ha avuto l'umiltà di chinare il capo e chiedere perdono, prima di tutto allo stesso Dio, degli errori del passato. Con il crocifisso si trasmettono valori che, per la propria altezza, non possono che essere condivisi dagli appartenenti a tutte le confessioni che vedono nella buona volontà il comportamento cui l'uomo deve mirare, ed anche da chi liberamente non crede. Si tratta di valori che ben si conciliano con la laicità dello Stato la quale, essendo sancita dalla Costituzione, è anch'essa sacra ed inviolabile. Perché non dobbiamo dimenticare la ragione storica per la quale Gesù di Nazareth fu inchiodato ad una croce insieme a due briganti: l'autorità imperiale, in virtù solamente della propria autolegittimazione, lo condannò per avere professato la Fede. Per avere, cioè, vissuto in libertà.
Ecco perché il crocifisso è prima di tutto un inno alla libertà, persino alla libertà di culto.
Altrimenti, più che di un nuovo inizio, si tratterebbe della fine.
*deputato del Pdl
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