L’INTERVISTA TULLIO CAMIGLIERI

Tullio Camiglieri, ex direttore della Comunicazione Sky e «biografo» della pay-tv italiana, ha visto gli spot?
«Sì e devo dire che non mi sono piaciuti. La tv non può essere usata in maniera così scomposta. Capisco le motivazioni, ma un’azienda così dovrebbe reagire con più equilibrio. Il governo è il governo, non è un competitor. Bisogna cercare la mediazione».
È una norma ingiusta o la fine di un’agevolazione?
«Diciamo che una tassa che aumenta così improvvisamente crea grandi problemi a un’azienda. Detto questo penso che ci vorrebbe più ragionevolezza».
Reazioni eccessive?
«Se questo provvedimento non fosse stato preso dal governo Berlusconi non saremmo neanche qui a parlarne».
Se lo avesse preso Prodi?
«Ma è da anni che ad ogni finanziaria si discute della possibilità di eliminare questo privilegio. Prodi però non credo avrebbe potuto...».
Perché?
«Perché già aveva penalizzato Sky escludendola dalle tariffe postali agevolate per il suo magazine. Dopo che Report ne parlò Sky fu esclusa. E significò milioni di euro di mancato sconto».
Ma l’Iva al 20% colpisce o no Mediaset?
«Certo che la colpisce. Anche perché in prospettiva il digitale terrestre (sui cui c’è la pay tv di Mediaset, ndr) sarà di gran lunga la tecnologia più diffusa».
C’è che dice che Sky ha avuto dei privilegi.
«Sky ha un decoder di proprietà. Vuol dire che se tu vuoi offrire dei canali a pagamento via satellite ti devi accordare con Sky. È un potere grosso. Ma l’anomalia vera è un’altra, quella di una sinistra schiacciata in difesa di Murdoch.
Cioè dei ricchi?
«Di un editore che ha sempre rivendicato una posizione di conservatore e che in queste elezioni ha sostenuto McCain. Poi c’è da tenere conto di un’altra cosa.
Cosa?
«Sky ha ottenuto un privilegio molto forte.

Pur non essendo un’azienda italiana o europea ha avuto la possibilità di costruire una piattaforma in Italia. Questo non sarebbe assolutamente possibile in Australia e negli Usa. Non sono poche le condizioni di favore che Sky ha avuto. Tutto questo però alla fine ha favorito il pluralismo».

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