Il pomodoro di Pachino, il culatello di Zibello, il Pecorino sardo, l'aceto balsamico di Modena. Ma anche il lardo di Colonnata, il Parmigiano Reggiano e il radicchio rosso di Treviso. Sono solo alcune delle definizioni di prodotti italiani che rappresentano la loro «carta d'identità», il biglietto da visita con cui vengono messi in commercio. Una presentazione necessaria, che con il passare degli anni assume sempre una maggiore importanza.
Il panorama alimentare italiano è ricco di prelibatezze. Eccellenze di qualità garantita, frutto di una filiera produttiva rigorosa, che parlano chiaro rivelando la propria provenienza. Il luogo in cui un prodotto nasce è diventato infatti fondamentale - nell'era della globalizzazione - per informare correttamente i consumatori e difendere le peculiarità di un prodotto. Il modo utilizzato per differenziare le produzioni sulla base delle loro qualità e del loro legame con il territorio di origine è quello delle IG, le «Indicazioni Geografiche».
In Europa le indicazioni geografiche sono iscritte in un registro apposito e prendono il nome di «Denominazione di Origine Protetta (DOP)», «Indicazione Geografica Protetta (IGP)» e «Specialità Tradizionale Garantita(STG)». Nel 2011 lItalia si è confermata leader in Europa grazie a 229 prodotti DOP E IGP e a due STG (mozzarella e pizza napoletana). I tre «marchi di qualità» sono stati ideati per tutelare l'origine geografica dei prodotti: i primi due sono legati al territorio di origine, il terzo valorizza i metodi di produzione tradizionali. Lo scopo è chiaro: promuovere e proteggere l'autenticità. L'Unione europea ha scelto di difendere il proprio patrimonio, riconoscendo il valore aggiunto, l'originalità e l'unicità derivanti dal legame con l'area geografica di produzione, compreso il ruolo del fattore umano. Un sistema che dà una grossa mano al nostro Paese a combattere le sempre più diffuse imitazioni all'estero dei prodotti «made in Italy». A livello internazionale le IG sono regolate dall'accordo «Trips» (Trade - Related Aspects on Intellectual Property Rights) che stabilisce le regola per la protezione della proprietà intellettuale ed è valido per tutti i paesi che sono membri dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). L'Unione europea, sul versante delle IG, è molto avanti e già a partire dagli anni '80 è attenta alla politica della qualità. È del 1988 la pubblicazione del Libro verde sul futuro del mondo rurale, incentrato sul ruolo del mondo agricolo in tema di qualità alimentare, preservazione dell'ambiente e dell'ecosistema. Nel 1992 sono stati invece adottati i regolamenti 2081 e 2082, che di fatto introducevano i concetti di DOP, IGP e STG. Un nuovo Libro verde sulla qualità dei prodotti agricoli ha visto la luce nel 2008 e ha rilanciato in modo decisivo il dibattito nella Ue in tema di tutela delle produzioni. Si è giunti così ai tre cardini, attorno ai quali si snoda la nuova politica della qualità europea: informazione, coerenza e semplificazione. Bisogna migliorare la comunicazione tra produttori, acquirenti e consumatori; serve semplificare la comprensione e la fruibilità dei regimi esistenti per i diversi operatori; è necessario organizzare un'azione che non lasci indietro alcun aspetto legislativo, componendo un quadro di norme coerente e adeguato. Il fatturato creato dalle DOP E IGP nel 2010 è stato di circa 6mila milioni di euro, con un incremento percentuale superiore al 10% rispetto al 2009.
Il ministro alle Politiche Agricole, Saverio Romano ricorda che «la qualità è la garanzia del successo della nostra produzione». Ha poi aggiunto che «il nostro Paese vanta il record di marchi riconosciuti, avendo raggiunto recentemente quota 229 denominazioni registrate suddivise in 143 DOP e 86 IGP ai quali si aggiungono i due prodotti contrassegnati con il marchio STG (Specialità tradizionale garantita).
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