Sport

L’Italia ringrazia Formia la Normale della fatica

Da Mennea alla Simeoni, quanti trionfi costruiti qui. Anche Andreotti alla festa

Oscar Eleni

da Formia

Dovevo farlo e se non fossi affogato con campioni olimpici come Pamich e Baldini seduti di fianco sul raccordo anulare, dentro il pullman della Polizia Penitenziaria, ci sarei andato prima di stringere la mano a Gianni Petrucci col torcicollo, a Mario Pescante stravolto da bellissimi ricordi di gioventù creativa, prima di sentire Giulio Andreotti. Ci sarei andato con il professor Elio Locatelli, sentendo alle spalle il vocione di Carlo Vittori, sulla salita al 15 per cento di Penitro. Lassù, come al Redentore dove ti spediva sempre Placanica per l’iniziazione, c’era uno dei laboratori permanenti della scuola inventata nel 1955 da Bruno Zauli, uno che alla gente di sport chiedeva di meritare questo giardino.
Fratello Pietro, purtroppo non visto nella festa dei 50 anni celebrata ieri, si tormentava sulla salita, sul campo insieme a sorella Sara. Prima di arrivare alla scuola, che per sempre sarà anche il regno di Elio Papponetti, l’uomo delle cose impossibili, che ha convinto un papa come Giovanni Paolo II a venire sulle tribune di un meeting che viveva di gioia purissima, anche se per tenerlo in piedi si dovevano firmare cambiali. Sicuro di non reggere l’emozione, che poi ha tradito anche Franco Arese nel discorso di celebrazione, ho cercato con Nicola Candeloro, il maestro di sport che ha sostituito i grandi del passato cominciando dal cerbero Buldrini, di scoprire dove ancora esistono tracce della via dolcissima e della via durissima che ha fatto di Formia, grazie a gente come Oberweger, Calvesi e Carlo Vittori, la nostra Ispra, la grande Normale per insegnare ad allenarsi, a correre e saltare.
Nella penombra sentivo gli urli di Renato Dionisi, astista e acrobata, ho rivisto la bella faccia di Sergio Ottolina, il piccolo diavolo che correva forte davvero, lo sguardo ironico, ma stimolante, di Ottoz, quello sempre meraviglioso di Sara Simeoni, badessa della scuola, gelosa al punto da sentirsi irritata quando arrivavano qui campioni di altri sport. Petrucci si è ispirato a Formia pensando alla cappella votiva che farà costruire all’Olimpico di Roma, noi ci siamo sempre ispirati alle notti dove Vittori sembrava davvero Ulisse, dove sentivi il lamento dei tecnici e quello di Cicerone che è morto non lontano da questa università della vita costruita sul Golfo di Gaeta.

Dalla comunità montana degli Aurunci ieri ci hanno portato i fiori per il cinquantenario che, viste le condizioni dell’atletica nazionale, ci fanno dire anno zero, anche se siamo d’accordo con Vanni Loriga che ha regalato il suo tesoretto su questa straordinaria avventura che a Formia è venuto il tempo di ritrovare una casa adatta a veri maestri, a ragazzi che non si sentano perduti ascoltando un Salvatore Morale, un Berruti, leggendo di fratello Pietro (Mennea) e di sorella Sara (Simeoni).

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