L’odio per la vita: ecco cosa ci opprime

Secondo un’indagine realizzata dalla rivista Riza Psicosomatica attualmente in edicola e condotta su un campione di mille italiani di ambo i sessi, compresi tra i 25 e i 55 anni, due italiani su tre ritengono che il nostro umore venga influenzato in modo determinante dal luogo in cui ci troviamo.
Esistono luoghi nei quali possiamo toccare il cielo con un dito - palestra, parrucchiere, parco - e altri che ci possono condurre sul limite della depressione.
I tre principali imputati in questa triste graduatoria sono il lavoro, la casa e la chiesa.
Paragonati a chiese, parchi, parrucchieri, pasticcerie, palestre, cinema e via dicendo, la casa e il lavoro hanno la caratteristica - se si escludono i senzatetto e i disoccupati - di costituire una condizione obbligatoria e, aggiungerei, naturale della vita umana. La condizione umana come tale, possiamo dire, non è pensabile senza questi due elementi, la casa e il lavoro.
Il fatto che questi due luoghi fondamentali, irrinunciabili della vita umana figurino tra i principali fattori di depressione significa - ammesso e non concesso che l’indagine svolta dalla rivista abbia un qualsiasi fondamento - una cosa semplicissima: che vivere non ci piace più. Dire che il lavoro e la casa sono fattori di depressione è come dire che la vita come tale è un fattore di depressione.
Parchi, parrucchieri, palestre, aggiungiamo anche le pasticcerie, i portici di Bologna, le pinacoteche, le paninoteche, le pensiline, i propilei, i porti di mare, le portaerei, i ponti, sono tutti luoghi più o meno gradevoli, a patto che ci offrano un riparo temporaneo da quella che Tommaso Landolfi, in una sua sconsolata poesia, chiamava l’immedicabile vita.
Una vacanza dalla vita. Quanto cinema, quanta letteratura si sono spesi su questo bisogno frenetico, dietro il quale fa capolino l’antico «tedium vitae»! Un tedio assai concreto, fatto di cattivi stipendi, di datori di lavoro cinici, di superiori stressati e perciò prepotenti, e poi via via le molestie sessuali, il mobbing... Per non parlare della casa, luogo di solitudine, di litigi, di ire, di lacrime, spesso poco accogliente e pochissimo riposante.
Finché i temi sono questi, il quadro è, direi, classico. Il problema è la vita in sé, con quello che ci tocca ogni giorno. Per trovarla bella ci vuole una motivazione molto forte, e il nostro non è un tempo di motivazioni forti.
C’è però l’aggiunta della chiesa, che volge il dramma dalla tragedia alla commedia. Si piange nei primi due atti, ma nel terzo, finalmente, si ride. La chiesa sarebbe un luogo depressivo? Ahi ahi, qualcuno (speriamo) deve aver pagato gli intervistati per dire questa enormità. Già l’idea di un complotto anticattolico ci consolerebbe un po'. Se così non fosse, ci sarebbe da pensar male.
Come fa un individuo a dire che andare in chiesa gli procura la depressione? Ma chi lo obbliga ad andare in chiesa? Se vai in chiesa - o al parco, o in crociera, o in gita sul Cervino - ci vai perché ti va di andarci, perché pensi che ti faccia bene. O no? A meno che, molto più semplicemente - e stupidamente - uno non immagini che andarci procuri questo effetto.
Tutto questo ci fa pensare che, nell’Italia di oggi, ci sia ancora diversa gente che odia andare in chiesa però ci va lo stesso, e così - giustamente - si deprime. O che, non appena vede una chiesa, subito si sente di malumore. In ogni caso, è sufficiente non andarci, in chiesa. O volgere lo sguardo da un’altra parte quando ne vediamo una: ci sarà pure qualche ragazza bionda, qualche bella vetrina, qualche bel distributore di benzina da ammirare.
Ma questo era solo il secondo pensiero. Il primo pensiero, quello che affiora subito alla mente, è che siamo diventati un popolo di imbecilli. Gente che fa quello che non vuole fare, gente coatta, che resterà coatta anche quando va in vacanza e s’indebita con le banche per questo scopo, e così tornerà a casa ancora più arrabbiata e depressa, e via dicendo. In una parola: cretini. Il tema del cretino va riproposto di tanto in tanto, perché non appena abbassi la guardia lui (il cretino) guadagna terreno.


Insomma, a furia di odiare la vita che ci tocca siamo rincretiniti: questo mi sembra il vero senso, la vera morale, dell’indagine proposta dalla nota rivista di medicina alternativa. Ammesso e non concesso, ripeto, che questa indagine avesse un senso. Del resto, senso o no, l’occasione è buona per metterci in guardia dall’idiozia che ci assedia. Non è mai troppo presto.

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