L’ospedale c’è, gli infermieri no

da Padova

È costata due milioni e 620mila euro, e per farla funzionare sono già stati stanziati altri 120 milioni. Il via libera della Regione Veneto è arrivato nel 2003, il taglio del nastro in pompa magna dieci mesi fa: precisamente il 20 settembre 2007. Dovrebbe offrire un ambiente «familiare» a tutti i bambini che hanno bisogno di cure palliative, in particolare malati terminali e affetti da gravi patologie croniche. Eppure la «Casa del bambino» di Padova, l’ospedale pediatrico all’avanguardia in Italia, è ancora chiusa ermeticamente. Il motivo? Mancano gli infermieri. Ne servirebbero almeno sei, meglio dieci. Ma l’azienda ospedaliera padovana – che gestisce un ospedale al top, un centro di ricerca universitario di livello internazionale e ha migliaia di dipendenti – non è ancora riuscita a trovare il personale per far funzionare la nuova struttura. E così le apparecchiature costate decine di migliaia di euro, i respiratori camuffati per non impressionare i piccoli pazienti e le centinaia di giocattoli regalati dalle associazioni padovane restano immobili ad accumulare la polvere.
Il direttore dell’Asl, Adriano Cestrone, l’anno scorso alla cerimonia di inaugurazione si era fatto fotografare con un sorriso a 32 denti. «Non dimentichiamoci che la struttura è molto complessa – ha detto ieri al Gazzettino –, e necessita della presenza di personale 24 ore su 24, per tutta la settimana». Già, proprio come tutti gli ospedali d’Italia. «Ma ora – ha promesso Cestrone –, operando qualche alchimia dovrei riuscire a trovare il personale necessario per aprire il battenti». Quando? «Entro l’autunno».

Solo nel Veneto, oggi, oltre 600 bambini soffrono di malattie terminali come tumori e patologie genetiche. La «Casa del bambino» servirebbe ad accompagnare questi piccoli, e le loro famiglie, nell’ultimo tratto di una vita troppo breve.

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