L’Ue pensa alle mucche e dimentica gli orfani

In questi giorni preelettorali può sembrare che l’argomento non c’entri. Invece c’entra, e per questo lo sottopongo ai nostri lettori. Sere fa, mentre andava in onda Porta a Porta (con Silvio Berlusconi o con Walter Veltroni, non ricordo), durante la pubblicità sono capitato sul canale Cult, e non sono più riuscito a staccarmene. Davano un documentario inglese del 2007, Bambini abbandonati all’inferno. Il titolo sembra un’esagerazione, e non lo è: si tratta di un’inchiesta sugli orfanotrofi bulgari, il Paese che, in rapporto alla popolazione, ha il più alto numero di orfani e bambini abbandonati, 23.000.
La prima scena che ho visto è stata quella di un bambino di cinque-sei anni, bello, ma di una magrezza paragonabile soltanto alle immagini di Auschwitz. Gli occhi spenti, il capo chino, nudo, veniva condotto per mano da un’addetta per fare il bagno in una tinozza. Sempre a testa china, lo sguardo assente, veniva lavato con cura. Ma era la stessa cura con cui si laverebbe un vetro, un lavandino. Poi veniva riportato alla sua solitudine disperata, senza che la donna che l’aveva pulito gli avesse rivolto una sola parola. Vi risparmio scene molto più strazianti, ma vi racconto questa del bagno perché tutti noi che abbiamo figli piccoli conosciamo che momento di gioia e di allegria piena e reciproca sia quello. L’amore con cui passiamo la spugna e gli schizzi e le risate.
Ebbene, soltanto nell’Europa dell’Est, nei Paesi che fanno già parte dell’Unione Europea e in quelli che un giorno ci entreranno, ci sono centinaia di migliaia di bambini in quelle condizioni: prima, vittime del tracollo di un sistema politico; ora, vittime della nostra indifferenza. Ce ne occupiamo - noi che lavoriamo nei giornali e l’opinione pubblica - solo quando capita un caso clamoroso come quella della piccola Maria, bielorussa, sballottata e continuamente lacerata fra una possibile adozione in Italia e un ritorno alla violenza, quella silenziosa del non amore nei casi migliori, quella fisica nei peggiori.
Centinaia di migliaia di bambini in quelle condizioni sono tanti, troppi, perché si possa continuare a ignorarli. Certo, ci sono anche i bambini dell’Africa, dell’Asia, del Sudamerica, che muoiono di stenti e di incuria, che vengono venduti e comprati come schiavi, che vengono costretti a combattere, che diventano giocattoli sessuali. Per tutti dobbiamo fare qualcosa, e molto di più di qualcosa, ma per quelli che fanno parte dell’Unione europea abbiamo il dovere politico e sociale, oltre che morale, di fare più di qualcosa. E ne abbiamo la possibilità. È noto che ogni mucca dell’Unione europea percepisce un sussidio giornaliero di 2,5 dollari: più di quanto dispone il 75 per cento degli africani per sopravvivere. E qui non mi si accusi di demagogia, lo so che le mucche sono importanti e che l’economia è importantissima.
Ma è possibile che nelle pieghe degli immensi bilanci dell’Unione europea non si trovi il modo di fornire strutture e assistenza degne di questo nome per i più sfortunati tra gli sfortunati, i più deboli fra i deboli, i più indifesi fra gli indifesi?
È possibile che, nel frenetico legiferare europeo, non si trovi il tempo e il modo per rendere più facili le adozioni internazionali?
È possibile che, fra i tanti «parametri» necessari per essere accolti nell’Unione, non ce ne sia uno che vincoli l’entrata in Europa anche al benessere di quel bambino bulgaro che sembrava morire di dolore, più che di stenti?
Credo che ci dovremmo vergognare di non fare niente, almeno nella nostra Europa, al di là delle organizzazioni che se ne occupano e che per un motivo o per l’altro ottengono ben poco. Io mi sono vergognato, e per questo ti scrivo. Lo Stato, gli Stati, sono nient’altro che un accordo sociale di garanzia reciproca per i cittadini, la loro sicurezza, e il loro benessere. Ebbene non possiamo tollerare che alcuni Stati, e anche l’Unione europea, trattino i loro figli più infelici e sfortunati, i più deboli e fragili, come pesi morti, oggetti inerti, da crescere con cura minore di quella che si dedica ai cavolfiori. Perché, per un ordine morale e di giustizia, dovrebbero avere più diritti, più privilegi, essere curati meglio dei bambini con una famiglia: proprio perché una famiglia non ce l’hanno, e dobbiamo essere tutti noi, la loro famiglia. E se a qualcuno il discorso etico non fa effetto, pensi alle conseguenze. Pensi che stiamo abbandonando esserini per ora in nostra balia e innocui, ma che presto e inevitabilmente diventeranno adulti sbandati, disadattati, inerti o violenti verso una società che ha dato loro solo un tozzo di pane e nessuna forma di amore e di speranza.
Capisco (no, non lo capisco, lo subisco) che tutto ciò non possa rientrare nei programmi dei partiti che in questi giorni propongono agli italiani una vita migliore.

Ma mi chiedo, e ti chiedo, e chiedo ai lettori, se non vogliamo almeno proporre a qualche candidato al Parlamento italiano, o a qualcuno che già opera nel Parlamento europeo, di prendere un impegno, di fare una promessa perché quel bambino bulgaro e tutti quelli come lui possano avere almeno una speranza. O una carezza, un sorriso, che per un bambino valgono molto di più. Io, oggi, voterei per quel candidato.
Giordano Bruno Guerri
www.giordanobrunoguerri.it

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