L'altolà dei giudici siciliani: «Niente tagli alle corti d'appello nell'isola»

Le giunte dell'Anm di Palermo, Caltanissetta, Catania e Messina: "Cosa nostra è diffusa su tutto il territorio, non si possono eliminare uffici"

L'altolà dei giudici siciliani: «Niente tagli alle corti d'appello nell'isola»

È la Regione che detiene il record quanto a numero di Corti d'Appello, ben quattro. Eppure è la Regione che, tra le prime, si ribella ai paventati tagli degli uffici, che il Guardasigilli Orlando vuol portare avanti portando le attuali sedi da 26 - tante sono in tutta Italia - a 20, massimo 21.

A dare il «la» all'opposizione delle toghe siciliane, con una lunga nota con cui si paventa il rischio di indebolire con la spending review il contrasto alla criminalità organizzata, è l'Associazione nazionale magistrati. Le giunte di Palermo, Caltanissetta, Catania e Messina, dopo un incontro preliminare nei mesi scorsi, sono arrivate a una conclusione. E in una lunga nota congiunta spiegano i motivi del loro «pollice verso» a qualunque ridimensionamento.

Le toghe parlano di «ferma contrarietà ad ogni ipotesi di soppressione», e definiscono il progetto «inattuabile, esoso, oltre che dannoso per la realtà criminale esistente su tutto il territorio siciliano. La soppressione anche soltanto di alcuni dei presidi distrettuali minerebbe l'efficienza della giurisdizione in Sicilia e delle politiche di contrasto alla criminalità organizzata, proprio per la particolare diffusione capillare del fenomeno mafioso in tutta la Regione. La soppressione di Uffici giudiziari distrettuali quali il Tribunale di Sorveglianza, il Tribunale per i Minorenni e la Procura dei Minori, la Direzione Distrettuale Antimafia, il Gup distrettuale, il Tribunale Sezione Riesame (e, conseguentemente, anche di quelli investigativi distrettuali) determinerebbe, inevitabilmente, una perdita di "controllo" e di esercizio della legalità in un territorio da sempre caratterizzato da una pervicace presenza di criminalità organizzata. Da ciò - paventano - deriverebbe il rischio del rafforzamento del fenomeno mafioso in tutta la Sicilia».

Le giunte dell'Anm evidenziano anche l'antieconomicità del progetto, visto che mancano «sia nelle sedi di Catania che in quelle di Palermo, degli edifici idonei a garantire l'eventuale accorpamento degli uffici giudiziari sopprimendi. Del resto - proseguono - la realizzazione di strutture adeguate comporterebbe dei costi talmente alti da rendere assolutamente antieconomico il detto accorpamento. A ciò deve, altresì, aggiungersi la specificità del territorio caratterizzato anche da difficoltà nella rete di comunicazione viaria e ferroviaria non comparabili ad altre realtà nazionali».

I magistrati siciliani dell'Anm ricordano anche il contributo economico che dà allo Stato l'attuale articolazione degli uffici giudiziari siciliani: «La magistratura siciliana fornisce allo Stato italiano circa il 40% dei beni confiscati e che il totale dei beni, confiscati definitivamente sino al gennaio 2013, ammonta a poco più di 11.000 di immobili e circa 1.700 aziende; quanto alle somme di denaro (contanti e titoli) confluiti nel Fondo Unico Giustizia, secondo dati forniti dalla Ragioneria Generale dello Stato, le risorse ammontano a poco più di due miliardi di euro alla data del 31 dicembre 2011».

Di qui il no senza appello: «Le Giunte distrettuali siciliane, contrarie ad ogni paventata soppressione di Uffici distrettuali si augurano - conclude la nota - che le dichiarate necessarie riduzioni di spesa non finiscano di essere da ostacolo alla qualità dell'esercizio della giurisdizione in una terra particolare come la Sicilia». Insomma, in Sicilia vietato tagliare.

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