"Leggere è donna. Ma noi non siamo leggère"

Elisabetta Migliavada: "Ecco perché il romanzo è sempre più femminile"

"Leggere è donna. Ma noi non siamo leggère"

Scrivere, leggere e pubblicare al tempo del #MeToo. Dalle quote rosa alla narrativa al femminile. Cosa sta cambiando nell'altra metà del mondo del libro? Elisabetta Migliavada, direttrice editoriale della narrativa Garzanti, prova a spiegarcelo.

I dati parlano di una lettura sempre più al femminile. Legge il 71% delle donne contro il 59% dei maschi.

«Sono anni che è così. È una tendenza di lungo periodo. Forse perché nel tempo libero - sempre detto che davvero le donne ne abbiano più degli uomini, e da madre che lavora ho i miei dubbi - tendono a leggere, mentre il maschio fa altro».

È una questione di tempo libero?

«No. È anche una questione di curiosità e voglia di evadere. Che l'uomo forse sente meno. Per rilassarsi la donna magari legge, il maschio ha altri hobby...».

Ma la lettura non è un hobby...

«Guardi che però non è svilente considerarla anche un hobby. Di certo è un piacere. E comunque in un'Italia in cui si legge pochissimo, leggere anche un romanzo popolare fa bene. Certa intellighenzia lo snobba, ma spesso il libro commerciale apre a letture più alte».

È vero che le donne leggono più narrativa e gli uomini più saggistica? O è un luogo comune?

«È vero. Lo vedo tutti i giorni. Ma ho notato anche un'altra cosa. Che gli uomini semmai arrivano dopo. Soprattutto nel caso di libri che hanno molto successo, gli uomini li scoprono più tardi rispetto alle donne, grazie al passaparola».

Rubano il libro alla moglie?

«Spesso sì».

Le case editrici come si comportano di fronte a questi dati? Decidono in base alle vendite di pubblicare più scrittrici donne o comunque libri con tematiche femminili?

«No, non è proprio così. Diciamo che i dati sono importanti e non possiamo ignorarli. Però non devono condizionarci. Nel mio caso, quello che mi ha sempre mosso è cercare storie che permettano al lettore, al di là del sesso e dell'età, di entrare in mondo diverso, simile ma non identico, a quello in cui vivono. Il romanzo per il lettore è un paio di occhiali che gli permette di vedere la realtà in modo diverso. Appassionandolo e, se si riesce, anche insegnando qualcosa...».

Esempi?

«I nostri più grandi successi non sono solo libri che raccontano storie che appassionano, ma che fanno scoprire cose nuove. Il linguaggio segreto dei fiori di Vanessa Diffenbaugh, un bestseller, oltre a narrare una storia sulla difficoltà di comunicare i sentimenti, insegna a conoscere il mondo attraverso la natura».

Ma insomma, gli editori cavalcano o no l'onda femminile?

«Gli editori è giusto che sappiano che c'è quell'onda. Ma sul cavalcarla... Guardi, dal Codice da Vinci alla saga di Twilight - e cito due titoli che non sono di Garzanti - il successo di un libro resta misterioso e non replicabile. Rifare, due mesi dopo, un libro uguale a uno di successo, non funziona mai. Il nostro Il profumo delle foglie di limone di Clara Sánchez ha dato il via a una tendenza, ma resta impossibile replicarlo. Poi, certo, i dati restano un indicatore importante. Diciamo che col tempo abbiamo sempre più puntato su una narrativa che parla alle donne di oggi».

Il successo di Clara Sánchez in Italia è merito suo. Come è andata?

«Io sono arrivata in Garzanti nel 2006, dopo quattro anni in Piemme, e mi sono trovata in una casa editrice che aveva nomi molti forti nella narrativa più letteraria, da Pasolini in giù. Ma aveva tra i suoi classici anche Love Story di Erich Segal, un romanzo alto, ma d'amore. Bisognava costruire un nuovo catalogo, e l'ho fatto cercando di essere fedele alla tradizione Garzanti, tra letteratura alta e narrativa più popolare. Il primo grande successo fu Figlia del silenzio di Kim Edwards, già bestseller negli Usa, che trattava un tema forte, la sindrome di Down, ma in modo delicato... Aprì una strada. Ottenuta la fiducia dei lettori, si poteva tentare altro. E lanciammo il romanzo della Sánchez, che oggi è un nostro caposaldo».

Su che cifre siamo?

«Il profumo delle foglie di limone un milione di copie, a oggi. Il linguaggio segreto dei fiori oltre mezzo milione. Due libri molto diversi ma che parlano allo stesso pubblico».

Il prossimo successo?

«Punto molto su Eleanor Oliphant sta benissimo di Gail Honeyman. Un libro che è partito fortissimo, appena uscito è già in classifica. La protagonista è strana, ma molto umana, in cui anche i maschi si possono identificare: una trentenne, con un lavoro banale, che nasconde un trauma - e non svelo altro - ma che dice tutto ciò che pensa, senza filtri».

Leggere è donna, ma scrivere è maschile: 6 autori su 10 sono uomini.

«Ma le donne crescono. Per molto tempo dentro la società letteraria hanno pagato il pregiudizio secondo il quale ciò che scrive una donna è più leggero... Sembrava non potessero che scrivere chick-lit. Oggi non è più così. La leggerezza è cambiata: la Sànchez parla di nazismo, la Honeyman di madri cattive...».

Oggi sempre più uomini provano a inventarsi una voce al femminile. Lo fanno per vendere di più?

«Ma no! Un vero scrittore non si inventa una voce a tavolino.. Se lo fa è per sperimentare nuove forme narrative».

Le donne sono sempre di più nella filiera del libro, dal direttore editoriale alle grafiche... Pink power nel mondo dei libri?

«È vero, sono tantissime.

Per fare bene questo lavoro servono sensibilità, diplomazia, saper essere tecnici, lavorare sui testi, fare da baby sitter agli scrittori... Tutte cose che fanno anche gli uomini. Ma nel multitasking le donne sono meglio».

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