Le liberalizzazioni che uccidono il negozio della porta accanto

Il governo con una mano dà e con l’altra toglie. Se prenderà corpo la riforma degli assegni bancari che prevede la loro non trasferibilità in generale e un onere per chi vuol usufruire dei titoli «girabili», si creeranno nuovi costi e disagi per i cittadini che dovranno per forza rivolgersi alla banca per ogni pagamento; e certo il sistema creditizio non brilla per efficienza e trasparenza ed è un dei meno toccati dalla «lenzuolata». Ma in genere non sembra che il pacchetto arrechi molti benefici agli italiani, sia perché i settori interessati (marginali nel «paniere» della spesa delle famiglie) non sono certo quelli che non fanno dormire sonni tranquilli, sia perché in molti casi i prezzi, ovvia considerazione, vengono stabiliti in altre sedi rispetto a quelle colpite. Certo farà piacere non pagare il sovrapprezzo sulle ricariche, ma gioiranno soprattutto i ragazzini che si scambiano Mms, molto meno madri e padri di famiglia alle prese con ben altri problemi. Ma l’aspetto più importante da sottolineare è l’impatto che la «filosofia» che sta dietro queste misure ha sul modo di vivere e sull’organizzazione della società italiana: non v’è dubbio che le misure stesse tendono a privilegiare, cooperative rosse o meno, la grande distribuzione che sempre più diventerà il nuovo «villaggio» degli italiani, dove sarà possibile passare intere giornate, fra acquisto dei giornali, pieno di benzina, messa in piega e/o permanente e via dicendo. La vita si andrà sempre più spostando «fuori le mura» con la conseguenza di devitalizzare e disumanizzare (nel senso di eliminare la presenza dell’uomo) progressivamente i centri storici, dove non sarà più possibile fare quattro chiacchiere con l’amico giornalaio, con il barbiere, con il benzinaio abituale: si uccide l’uomo e si esalta la massa, massa informe che non ti sorride, non ti parla, non si interessa. Grande distribuzione e call-center: la morte del contatto umano, interpersonale, la morte dell’uomo; ma anche delle città che progressivamente si svuoteranno per l’attrazione esercitata dai grandi poli di consumo; e i centri storici, privati della vita e della cura dell’uomo, diventeranno dei grandi musei difficili e costosissimi da mantenere: si potrebbe assistere, dopo il processo di urbanizzazione, a un fenomeno del tutto inverso; l’abbandono delle città dopo quello selvaggio delle campagne che tanti problemi di assetto del territorio ha creato al nostro Paese. Si dirà: si tratta di inevitabili evoluzioni storiche, contro cui non si può andare. Vero.

È però inammissibile che un governo, per di più di sinistra che ha sempre tuonato contro il consumismo, non si ponga questi problemi ed esulti per queste micro liberalizzazioni e lasci irrisolti problemi ben più gravi e che incidono più pesantemente sulla vita dei cittadini oppressi e vessati da un’inefficienza diffusa dalla pubblica amministrazione a tutto il settore dei servizi privati (con casi drammatici come la sanità).

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