«Wall Street: la stangata» è il titolo, «Cosa abbiamo imparato per non perdere più soldi» è il promettente sommario di copertina: Gianfilippo Cuneo, per 22 anni in McKinsey, un protagonista nelle attività di consulenza e dinvestimento, è stato intervistato da Fabio Tamburini, direttore dellagenzia di stampa Radiocor, per questo volume edito da Baldini Castoldi Dalai (148 pag., 20 euro), nel quale già il titolo del primo capitolo è molto esplicito: «I funerali del capitalismo finanziario». Cuneo è tagliente e di una sincerità disarmante: «Le grandi corporation, eccezioni a parte, sono state guidate da bande di ladroni che hanno potuto operare indisturbati perché, sia pure in proporzioni molto diverse, il consenso era assicurato dai vantaggi che gli anni delloro dispensavano un po a tutti». E ancora: si era creata «una sorta di entusiasmo collettivo che ha fatto chiudere gli occhi su fatti e misfatti». Sostiene Cuneo: «Il peccato capitale è stato dei banchieri, che hanno smesso di fare il loro mestiere: calcolare il rischio dei finanziamenti e prestare i soldi in base alla capacità delle imprese di ripagare il debito attraverso la generazione di cassa. Invece il modo tradizionale di fare banca è stato dimenticato preferendo seguire logiche puramente speculative fondate sullutilizzo esasperato del debito per finanziare le operazioni e sul trasferimento del rischio al mercato o, comunque, ad altri investitori tramite le cartolarizzazioni e simili». E spiega così lorigine della grande crisi: «Per un lungo periodo, soprattutto nel mondo anglosassone, lo hanno fatto ottenendo profitti elevati. Poi il giocattolo si è rotto». Il libro-intervista non risparmia critiche severe al mito del capitalismo anglosassone, «le cui virtù sono state celebrate a lungo perché ha vinto il mito delle grandi corporation che seguono le regole del profitto e del mercato; ma la realtà, andando a scavare dietro la facciata, era ben diversa». Qual era la realtà lo spiega lo stesso Cuneo in altre risposte alle domande di Tamburini. Sul banco degli imputati, nelle pagine del libro, finiscono in molti: dalle agenzie di rating agli analisti, dai consiglieri indipendenti ai revisori. Non soltanto per il passato ma anche per il presente. Domanda di Tamburini: «I falsi in bilancio restano diffusi?». Risposta di Cuneo: «Gli intrallazzi continuano a pesare. Cè tutto un mondo, dietro alle quinte dei numeri ufficiali, che non si conosce e che a volte risulta sorprendente perfino agli addetti ai lavori». Particolare attenzione, e un intero capitolo, viene data al «fallimento dei gestori del risparmio». Anche in questo caso il verdetto è quasi senza appello: «Lindustria del risparmio è finita a pezzi dimostrandosi qual è, e cioè una industria per lo sfruttamento del risparmio». Parole dure anche sul capitalismo familiare italiano. «In Italia cè una esaltazione acritica delle imprese familiari. Nessuno vuole mettere in discussione i meriti del passato. Ma il futuro fa parte di un altro film». Il fatto è che non tutti gli eredi sono buoni imprenditori. «A voler essere ottimisti cè un imprenditore vincente ogni 10mila persone». Visione lucida anche sul tema delle privatizzazioni (e non). Riferendosi agli aiuti alle banche nellanno della crisi, Cuneo ammette: «Non cerano alternative e non si è trattato di una scelta ideologica», ma «il ritorno degli Stati nelleconomia va considerato di natura temporanea e per interventi demergenza».
Ampiamente svolto anche il controverso tema della privatizzazione di Alitalia. Cuneo è caustico: «Non è stata una privatizzazione ma un salvataggio pilotato per ragioni elettorali che, dal punto di vista elettorale, è riuscito molto bene».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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