Erano i giorni dell’ira, quelli in cui la terra sembrava voler flagellare l’Italia Centrale. Tra il 26 e il 30 ottobre 2016 ripetute scosse di terremoto hanno sconvolto per sempre la vita di diversi centri delle Marche. Uno di questi, Castelsantangelo sul Nera ha visto la dispersione dei suoi abitanti in una new town fatta di prefabbricati. Siamo nella parte più interna della provincia di Macerata, all’inizio della Valnerina. Dopo quei drammatici ultimi giorni di ottobre 2016, Castelsantangelo, Ussita, Visso, Preci sono diventati tristemente noti a tutti gli italiani, trovandosi proprio sulle faglie più inquiete, quelle dei Monti della Laga e lungo il confine tra Umbria e Marche. La soluzione delle casette in legno dove hanno trovato rifugio molti dei 41mila sfollati di quel terremoto che colpì diversi centri tra Marche, Abruzzo e Umbria, si spera sia provvisoria, anche alla luce del protocollo d’intesa che proprio ieri ha affidato i lavori di ricostruzione del paese a un’impresa. Sarà della partita anche l’archistar Stefano Boeri. Ma, in attesa che si cominci a lavorare, per ora la situazione di sradicamento da provvisorietà precaria sta diventando tristissima e penosa abitudine. In questo senso vuole portare un pizzico di normalità a chi ha perso tutto l’iniziativa congiunta dell’Associazione Italiana Sommelier delle Marche e dell’Olea che riunisce gli esperti e gli assaggiatori di olio d’oliva. Vino e olio per i terremotati che sono stati consegnati nella sala polifunzionale, cioè l’unica casetta di legno adibita a spazio comune. “Un’emozione unica- dice il presidente di Ais Marche Stefano Isidori- queste persone per lo più anziane continuavano a ringraziarmi mentre davo ad ognuna un cartone con tre bottiglie di aziende marchigiane. Mi sono davvero commosso, perché davvero questa gente non ha più nulla”.
È anche il peso della solitudine a farsi spesso insopportabile durante giornate diventate all’improvviso infinite e tutte uguali. “La vecchia Castelsantangelo- continua Isidori- è praticamente inaccessibile, completamente distrutta. Queste persone stanno quasi sempre sole, perché i giovani vanno a lavorare. Il fatto di non avere più i riferimenti del loro paese, il bar, la piazza, il negozietto, li ha destabilizzati”. La sequenza sismica che per mesi ha squassato il centro Italia è iniziata alle 3,36 del 24 agosto 2016, con una scossa di magnitudo 6 che ha avuto l'epicentro tra Accumoli e Arquata. Quella notte sono morte 51 persone nell'Ascolano e 299 in tutta l'area colpita. Poi ci sono state le repliche del 26 e 30 ottobre, quest'ultima di magnitudo 6.5, che hanno coinvolto anche il Maceratese. Infine, l'altra scossa forte è stata quella del 18 gennaio 2017, di magnitudo 5.1. In totale, la sequenza sismica ha contato 65.500 repliche, di cui 3.500 di magnitudo superiore a 2.5 e otto con magnitudo superiore a 5. Le Marche hanno visto interessati dal cratere sismico 163 Comuni. La CNA regionale ha calcolato che dal 2016 al 2018 500 attività hanno abbassato le saracinesche per non rialzarle più: macellerie, alimentari, panetterie, edicole, bar e quasi 250 aziende agricole. 1.500 marchigiani sono rimasti senza lavoro, su 17 alberghi della zona che hanno chiuso, soltanto uno ha riaperto i battenti. Ma arrendersi senza lottare non è roba da spirito del Picchio marchigiano.
“Quelle bottiglie di vino- conferma Isidori- sono un invito alla speranza. Non ci arrendiamo all’idea che le Marche siano finite. Lotteremo per tornare forti come prima”. Prima della botta grande. Che ha terremotato le esistenze di un’Italia silenziosa e laboriosa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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