di Alberto Giannoni
Francesca Angeli
Esami rinviati, sessioni di laurea che rischiano di saltare, facoltà trasformate in bivacchi. C’è chi rivendica i propri diritti scendendo in piazza o salendo sui tetti, e c’è chi questi stessi diritti cerca semplicemente di esercitarli tentando di frequentare le lezioni e continuando a studiare nonostante il clima incandescente che attraversa tutte le città universitarie.
«Molti fra i ragazzi che protestano contro la riforma non sanno neppure che cosa c’è dentro quel testo - denuncia Andrea Volpi, coordinatore nazionale di Azione Universitaria -. Si tratta di attacchi politici e strumentali che non hanno nulla a che vedere con la legge». A Roma alcune facoltà della Sapienza sono state occupate e, denuncia Volpi, «ridotte a centri sociali. Chi ci rimette? Quelli che hanno pagato le tasse e un affitto perché si trovano fuori sede e invece non possono frequentare le lezioni e sostenere gli esami».
Come Natalie, che è arrivata ad un soffio dal traguardo e ora trattiene il fiato perché teme che la protesta possa far saltare tutto.
«Sono iscritta alla facoltà di Studi orientali alla Sapienza - racconta -. Dovrei laurearmi in dicembre ma ora le aule sono state occupate e non so come andrà a finire». La ragazza spiega che entro il 10 dicembre dovrebbero essere pubblicate le date per le sessioni di laurea ma ora tutto sembra sospeso. «Soltanto i laureandi del mio corso, quello di cinese, sono una trentina - spiega Natalie -. Poi ci sono quelli per l’arabo e il giapponese. Insomma siamo in tanti». Ma che cosa ne pensa della riforma? «Tante cose andrebbero cambiate - replica la ragazza - ma è inaccettabile che si blocchino le lezioni. Chi protesta dice di farlo in nome degli studenti ma negare il nostro diritto allo studio non ci aiuta».
A Scienze Politiche nonostante cortei e occupazioni le lezioni proseguono, racconta Giulia. «Il blocco della didattica ha fatto slittare l’inizio delle lezioni di 15 giorni - spiega la studentessa -. Ora nonostante l’occupazione riusciamo a frequentare anche se da qualche giorno abbiamo un frastuono di tamburi sotto le finestre che non aiuta molto la concentrazione».
Massimo, che frequenta Ingegneria, non condivide i metodi della protesta. «Non è giusto tagliare i fondi all’Università - dice Massimo - ma non è neppure giusto che tanti scaldabanchi facciano spendere inutilmente migliaia di euro all’Università quando in realtà non aprono un libro e vegetano fuori corso per anni».
A Milano le cose non vanno meglio. Gabriele, 20 anni, iscritto a Lettere e filosofia, commenta così la situazione. «Sono stati colpiti - dice - settori politicizzati, in mano a gente come i baroni, interessi consolidati e piccoli regni». Ma allora perché un certo numero di studenti difende queste oasi di privilegio? «Sono gruppi che, per partito preso, difendono ogni posizione che si contrapponga a una certa parte politica. Mi dispiace, ma non sono in buona fede secondo me. E soprattutto queste proteste vanno contro il diritto di altri a studiare - prosegue -. Anche i licei sono in piazza a protestare ma le superiori le abbiamo fatte tutti, sappiamo che si fa casino solo per non andare a scuola».
Pietro studia Economia e da qualche mese, per alcune vicende personali, deve darsi da fare anche con un’attività familiare. «Sul merito della riforma non sono preparatissimo - premette - ma le proteste mi sembrano la solita tiritera che sento e vedo da quando sono al liceo. Non è neanche questione politica in genere, ma oggi il tutto cade a fagiolo perché coincide con la crisi politica, è curioso che queste polemiche vengano fuori così a orologeria. La mia idea è che si tratti sempre di un pretesto da parte di chi le organizza. Per esperienza posso dire che l’80 per cento di chi protesta non sa nulla della riforma. È un peccato. Almeno i ragazzi che frequentano l’università dovrebbero essere un po’ meno soggetti a certi condizionamenti».
Marco ha 23 anni, studia giurisprudenza e la riforma l’ha letta con attenzione. «Dalla prima all’ultima riga - commenta sicuro - vorrei capire cosa contestano. Vorrei che guardandomi negli occhi mi spiegassero se sono contro il fondo per gli studenti meritevoli, o la valutazione della didattica e della ricerca, o la possibilità di commissariare gli atenei che vanno in rosso». Per Marco si tratta di «misure che servono a eliminare le inefficenze, le baronìe, le caste. E il merito è un valore della Costituzione.
Se poi i rettori tagliano i servizi e non gli sprechi la scelta è loro. Certe proteste poi fanno rabbrividire e gettano discredito su tutti. Chi occupa o sospende le lezioni compie una violenza gratuita su chi ha pagato la retta e ha il sacrosanto diritto di frequentare».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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